Il Milan nella sua città santa E con Pato c’è la vecchia guardia

Il Milan nella sua città santa E con Pato c’è la vecchia guardia

Orecchio alla musichetta, arriva la Champions ed è il caso di riaccendere i riflettori perchè l’appuntamento, per tutti, è per domani sera a Barcellona con la sfida manifesto, Barça-Milan, i nuovi e i vecchi padroni del pallone continentale. Per molti milanisti, la capitale catalana è la città santa. Da quelle parti, all’alba dell’era berlusconiana, trofeo Gamper, Liedholm sulla panchina, gli occhi di Silvio Berlusconi scoprirono i muscoli di Ruud Gullit, diventato lo straniero simbolo della veloce, velocissima ricostruzione. Tre anni dopo, i viali di Barcellona furono invasi da un fiume di milanisti, addirittura in 80 mila, un esodo biblico per assistere al primo trionfo europeo del Milan che si incaricava di trasportare il calcio italiano nella modernità e di farsi stregare dalla rivoluzione di Arrigo Sacchi.
Col Barcellona guidato allora da un tris di grande prestigio, Stoichkov, Bebeto e Romario, con Cruyff in panchina,il Milan di Capello conobbe il trionfo più squillante: 4 a 0 ad Atene in una notte indimenticabile. Sempre a Barcellona, si concluse la marcia trionfale dell’altro Milan, quello di Ancelotti, frenato da un fischio “preventivo“ che tolse a Shevchenko un gol buono.Allora ci fu il cambio della guardia.
Orecchio alla musichetta e occhio alla macchina infernale di Pep Guardiola e al tabù Messi. Questa è un’altra storia e un’altra squadra, mai messa in soggezione, padrone assoluto della Liga, dell’europa e anche del mondo, con la puntata di dicembre con cui si apprestaa prendere il posto dell’Inter. «Niente paura» la raccomandazione di Zambrotta che proprio a Barcellona, sulla scia di calciopoli, si trasferì per due anni prima di tornare a casa. «Per noi è come un derby» il giudizio di Thiago Silva, esponente della difesa maltrattata da Klose e Cissè e adesso sottoposta all’esame più rischioso, al cospetto di Messi e soci. «Con Nesta non ho parlato dei nostri affanni di venerdì sera» la sua ammissione che tiene conto del possibile futuro scenario, al Camp Nou, pienone garantito e rischi di goleada. Per qualche giorno, a giugno, proprio Thiago fu oggetto del desiderio catalano: dovette arrendersi al diktat di Berlusconi e Galliani, decisi a mantenere fede all’impegno preso, «i vip non partono».
Orecchio alla musichetta e occhio alla lista dei convocati firmata da Allegri che pagfa subito dazio. Già perchè con Robinho fuori gioco (se mai dovesse partire per la Spagna lo farebbe da semi turista, in tribuna il suo posto), il destino s’incarica di mettere l’accento sull’errore commesso all’atto di comporre l’assortimento dei 25 da spedire all’Uefa. Qui non è in discussione certo la presenza di Inzaghi, semmai quella del giovane Al Shaarawy, il giovanissimo egiziano di Savona che avrebbe tenuto in modo particolare a respirare il clima della Champions e invece si ritrova costretto a casa, per un discutibile calcolo del tecnico livornese. I nove difensori contro i soli 4 attaccanti furono un a concessione alla coperta corta.
Occhio alla musichetta ma anche ai cambiamenti dello schieramento milanista, alcuni indispensabili, altri preparati da tempo. Tipo, ad esempio, il recupero di Seedorf e Zambrotta, rimasti fuori dalla mischia con la Lazio, per dedicarsi al primo impegno europeo. Insieme con Van Bommel e Pato, prescelto per dare il cambio a Cassano in attacco al fianco di Ibrahimovic, l’unico inamovibile della compagnia. E si può anche capire.

L’unico dubbio, in apparenza formale più che sostanziale, riguarda invece la sostituzione di Gattuso, squalificato. I candidati sono due: Nocerino e Ambrosini. Allegri ha scelto il primo che ha gamba e anche la grinta necessaria per non far rimpiangere Gattuso.

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