Milano - Il primo avvertimento arriva poco dopo le quattro del pomeriggio quando gli agenti delle forze dell’ordine sono ancora tutti lì schierati, in assetto antisommossa a presidiare il territorio. E suona come una promessa di guerra per dire che non è finita qui e che gli scontri continueranno nelle prossime ore senza esclusione di colpi. «Appena la polizia se ne va, ricominceremo». Il secondo invece pesa come un precetto di una norma superiore a cui nessuno può abdicare. «Nel nostro paese quando qualcuno viene ucciso, si va avanti finché non c’è un morto anche dall’altra parte». In via Padova, il quartiere ghetto di Milano dove cinquanta etnie si spartiscono quattro chilometri di cemento, il giorno dopo l’omicidio del giovane egiziano ucciso dai «latinos», i conti tra stranieri si regolano così. Secondo la legge del taglione, occhio per occhio, dente per dente. E la guerriglia dell’altra sera, con le macchine distrutte e le vetrine dei negozi sudamericani in pezzi, sembra non essere bastata. Lo si capisce dalle loro parole, lo si intuisce dallo sguardo pieno di rancore verso i nemici. «Sono degli assassini, che provino a farsi vedere da queste parti. Se ce n’è ancora uno esca fuori». Lo si sente dalla tensione che non molla mai un momento e aumenta quando arrivano i primi rappresentanti delle istituzioni cittadine circondate dalle forze dell’ordine che cercano di evitare lo scontro. Con gli italiani da una parte che chiedono il rispetto delle regole, nel terrore che possa capitare anche qui quello che è successo a Rosarno e gli egiziani dall’altra che inneggiano ad Allah. Mentre in fondo alla strada, gli stranieri strappano i manifesti della Lega e i sudamericani si preparano ad affrontare un’altra battaglia. «Ci hanno detto che vogliono violentare tutte le nostre donne. Ma cosa c’entra questo con quello che è accaduto? Ce l’hanno già detto: la guerra continuerà». Peruviani, cileni, boliviani, ecuadoriani: giurano di essere diversi dagli egiziani, di avere un lavoro e una famiglia da cui tornare ogni sera. «Va bene, beviamo un po’. Ma noi siamo civili e invece quelli lì allevano cammelli e basta». Intanto l’altra notte, la polizia ha arrestato quattro cittadini egiziani ritenuti responsabili di una parte dei danneggiamenti in via Padova e a uccidere il ragazzo 19enne con molta probabilità sono stati cinque o sei sudamericani appartenenti alla banda dei Chicago, una gang di latinos. Rimane invece ancora il dubbio su quale sia il reale movente dell’omicidio: si parla di un apprezzamento di troppo alla fidanzata della vittima o addirittura di un piede che uno dei giovani sudamericani, a bordo dell’autobus 56, avrebbe pestato al nordafricano. Da lì, gli insulti, le minacce e poi l’accoltellamento all’altezza del civico 80. Dove gli egiziani ieri mattina hanno acceso candele e incensi per ricordare il loro amico. Per fortuna arriveranno altri agenti della polizia a presidiare il territorio. Lo ha confermato il sindaco Moratti alla fine di una riunione del comitato per l’ordine e la sicurezza convocato dal prefetto Gian Valerio Lombardi e dopo aver sentito al telefono il ministro dell’Interno Maroni, il sottosegretario Letta e il premier. «Si è mostrato molto attento - ha spiegato il primo cittadino -. Avevamo già concordato con il governo il rafforzamento di uomini e possiamo averlo perché la finanziaria del 2010 ha sbloccato le assunzioni». Assicura il sindaco che quello che è accaduto l’altra sera non è stato come la banlieue parigina, il punto è che «scontiamo la politica del centrosinistra che ha aperto a una immigrazione senza regole». E che Milano abbia dovuto fare i conti in pochi anni con l’arrivo di migliaia di stranieri lo ripete anche il vicesindaco De Corato. «Ci vuole molta pazienza, sono arrivati a migliaia e qualcuno ha tollerato il loro ingresso. C’è chi ci ha guadagnato da questa situazione». A metà pomeriggio arriva il candidato alle regionali, Filippo Penati per chiedere la testa di Matteo Salvini e di Riccardo De Corato: «Le regole e le leggi ci sono, se non sono capaci di applicarle si dimettano». «La sinistra smetta di strumentalizzare - ribatte il governatore lombardo Roberto Formigoni -. La politica di apertura indiscriminata è stata realizzata in Italia da governi di sinistra. Qui si tratta di episodi singoli e non generalizzati. I responsabili andranno punti con il massimo della rapidità, fino all’espulsione». E in mezzo alla Babele di via Padova che parla mille lingue diverse, c’è anche tempo per i comitati dei cittadini e dei genitori di una scuola che invocano una politica dell’integrazione e una risposta «civile e intelligente» perché fatti del genere non si ripetano più.
Mentre oggi pomeriggio alle 18, il coordinatore provinciale del Pdl Romano La Russa ha organizzato una fiaccolata in via Padova per esprimere solidarietà ai cittadini «esasperati e terrorizzati». Lo stesso faranno i commercianti delle vie dello shopping per chiedere il ripristino della legalità. Ma c’è una notte intera davanti e il quartiere ha ancora il fiato sospeso.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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