Milano firma il patto per una nuova Giustizia

Una buona notizia, forse quella che più preme agli uffici giudiziari milanesi, la dà il Guardasigilli Angelino Alfano, ieri in tribunale per firmare il «patto per la giustizia» di Milano. «In finanziaria - ha spiegato il ministro - abbiamo combattuto una battaglia per il pieno utilizzo del fondo unico a beneficio dei ministeri dell’Interno e della Giustizia, quindi certamente avremo delle risorse importanti per far funzionare il sistema». Una dichiarazione d’intenti apprezzata dalla platea, anche e soprattutto in ragione delle difficoltà (organici sottodimensionati, attrezzature obsolete, turn over bloccato) che il Palazzo vive ormai da tempo. Fondi, quindi, che si aggiungeranno a quelli già accantonati grazie all’impegno del presidente Livia Pomodoro (dai 3 ai 7 milioni risparmiati grazie all’introduzione del decreto ingiuntivo telematico) e dell’Ordine degli avvocati (che ha stanziato 700mila euro). Denaro indispensabile a far funzionare la «macchina», ma che da solo non è sufficiente.
Per questo, ieri, è stato siglato un protocollo (tra i firmatari, oltre ad Alfano e alla Pomodoro, anche il governatore Roberto Formigoni e il sindaco Letizia Moratti) con l’obiettivo di «individuare e realizzare, ciascuno in base alle proprie competenze, risorse e titolarità, progetti e azioni volti ad aumentare l’efficacia e l’efficienza dei servizi della giustizia». «Perché ciò avvenga - hanno spiegato i promotori - occorre sviluppare capacità di azione comune, mettendo a disposizione risorse e conoscenze del territorio, partendo dalle esigenze dei cittadini e della comunità per definire la priorità, individuare gli obiettivi e realizzare le azioni di miglioramento necessarie». Le finalità, nel documento sottoscritto ieri, sono sette: potenziamento delle forme di tutela e difesa dei diritti dei cittadini, semplificazione delle procedure di informazione, accesso e fruizione della giustizia, sviluppo di sistemi informativi che operino tra le diverse strutture pubbliche così da ridurre i tempi di lavoro, elaborazione di proposte di semplificazione normativa e regolamentare, sviluppo di una carta regionale dei servizi per gli utenti della giustizia, formazione e qualificazione professionale degli operatori di giustizia, sviluppo di sistemi di valutazione sui risultati ottenuti dal sistema dei servizi della giustizia per la città. Almeno una volta l’anno, poi, il Tavolo istituzionale si riunirà per fare il punto dei lavori.
A conclusione dell’incontro, il ministro Alfano è tornato a parlare di processo breve. Un argomento non molto popolare, tra i corridoi del Palazzaccio. «Il nostro scopo - ha spiegato - è quello di impedire che il disegno di legge che edita l’irragionevole durata dei processi diventi un ddl chimera».

Perché, secondo il ministro, non è solo questione di aprire i cordoni della borsa. «Se mettiamo più soldi in un sistema inefficiente - ha concluso - rischiamo che questo mangi le risorse. Occorre quindi lavorare per rendere efficiente il sistema della giustizia».

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