Tremila metri quadrati, due piani, ventisei stanze, 250 parole dordine chiave, 157 giorni salienti. La Triennale di Milano celebra il «lungo decennio del secolo breve» con la mostra Annisettanta (fino al 30 marzo) curata da Gianni Canova. Una rassegna più simbolica e storica che una mostra, in quanto sono pochi gli oggetti esposti - sia sotto il profilo del design, del costume, dellarte, dellarchitettura, della moda - ma è molto documentaristica. Larchitetto Mario Bellini ha saputo articolare un percorso labirintico diviso in ventisei stanze-sezioni che ripercorrono e fanno rivivere i diversi linguaggi, le mode e le parole chiave di quegli anni: viaggio, conflitto, corpo, corteo, musica, cibo, videogiochi, radio, televisione, giornali, politica, grafica, fumetto, bar, colori, simboli, cinema, architettura e arte. Insomma, la storia e le storie che attraverso documentazioni video o materiale cartaceo spingono il visitatore a comprendere quanto gli anni del «Tuca Tuca», delleskimo, di Moro e Pasolini, dello stilista Fiorucci, o dei grandi campioni sportivi come Panatta, Lauda, Monzon, Thoeni, Borg abbiano creato un mito vivo ancora oggi. Di questo parere è anche il presidente della Triennale, Davide Rampello che ricorda il naturalista Georges-Louis Leclerc, il poeta Piero Loi, Raffaele Crovi e la Rai, senza dimenticarsi degli anni delle stragi e dei rapimenti di Vallanzasca o i casi Montanelli, Tobagi, Calabresi, ma anche le piste eversive di destra.
Lungo i corridoi bianchi che suddividono i padiglioni della mostra troviamo alcune frasi di Fabrizio De Andrè, come la celebre «Si sono presi il nostro cuore sotto una coperta scura...». E poi parole dei Genesis, Led Zeppelin, Paul McCartney, Black Sabbath o dei Pink Floyd tutte raccolte nel «Laboratorio dei suoni» - The Vinil Room - da Pedrazzi e Thorgerson. E poi uno sguardo ludico ci è offerto dai primi videogiochi degli anni 70 nonchè dai vari modelli di radio, mangianastri, filodiffusori, registratori e delle prime televisioni a colori...
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