Dopo 10 anni torna Vengerov a Milano «Il mio violino per Brahms e Paganini»

Il virtuoso russo: «Amo questa città, presto suonerò anche alla Scala»

Luca Pavanel

Maxim Vengerov, 43 anni, russo (naturalizzato israeliano) uno dei grandi violini del nostro tempo: martedì sera terrà un concerto al Teatro dal Verme per la stagione delle Serate Musicali. In un programma a base di musiche di Brahms («Sonata n.1 e n.3 per violino e pianoforte), Ravel («Sonata n.2 in sol maggiore) e Paganini («Cantabile op.17» in re maggiore e «I palpiti op.13», trascrizione di Kreisler) verrà accompagnato dalla pianista Polina Osetinskaya. Tra le mani Vengerov ha un violino da sogno: un ex-Kreuzer Stradivari dell'anno 1727.

«Questo strumento l'ho comprato nel 1998 - spiega il virtuoso - Risale all'ultimo periodo di Stradivari, quando era ormai in là con gli anni. E credo che abbia raggiunto il meglio della produzione e resa del suono. Si connette perfettamente con l'orchestra, con gli archi, in tutte le loro tipologie, con i legni, con il suono del clarinetto o del flauto. Con qualsiasi gruppo. Ha una sonorità profonda e allo stesso tempo è brillante nel registro acuto». Il recital di domani sera è davvero una bella occasione per rivedere questo big del violino che manca da Milano da una decina di anni.

Ma adesso sembra voler «recuperare»: «L'anno prossimo avrò molte date italiane, tra le quali il concerto al Teatro alla Scala, in gennaio, con il maestro Riccardo Chailly, col quale suonerò Shostakovich - spiega facendo anche un tuffo nel passato -. Di Milano ho molti bei ricordi. Vivendo a Monte Carlo, con la mia famiglia, questa città non è poi così lontana. Potremmo dire che è dietro l'angolo». E ancora: «Molte volte sono venuto qui con i miei figli, li ho portati al Piermarini. Amo l'atmosfera magnifica di questa metropoli». Altra pagina da raccontare, i progetti appena conclusi e quelli in cantiere.

«Gli ultimi lavori sono stati un brano di un compositore cinese, Qigang Chen, che ho eseguito con grande piacere in prima assoluta a Pechino, e quello di Gara Garajev, compositore dell'Azerbaijan, esponente della Scuola sovietica, un concerto incredibile scritto nel 1967». Una forza della natura.

Non si ferma mai, ammette che gli piace continuare «a scoprire cose nuove». O commissionarne di nuove. Poi c'è ovviamente la parte della conduzione orchestrale, «in effetti non nascondo l'idea di diventare direttore, da qualche parte», aggiunge.

Per poi chiarire i desideri artistici che aspira a realizzare nell'immediato: «Vorrei dedicare più tempo alla musica da camera, ma non sempre ce la faccio. Proprio la scorsa settimana ho suonato a Budapest Brahms. Mi riprometto di farlo più spesso».

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