Sicuramente non era questo che intendeva il fornaio per «fidelizzare» i clienti, anche perché questi si presentavano con un coltello in mano. Tre africani sui vent'anni che, avendo forse scambiato il negozio per un bancomat, andavano anche due volte al giorno a rapinarlo. E se non c'erano soldi, si accontentavano anche di «generi di conforto», pane, dolci e quant'altro. L'andirivieni è stato alla fine interrotto dai poliziotti che, camuffati da commessi e mendicanti, hanno atteso il nuovo colpo riuscendo ad arrestare due persone. Mentre il terzo, che è riuscito a fuggire, dovrebbe raggiungerli presto in galera.
Il negozio si trova in via Scaldasole, una traversa di corso di Porta Ticinese, stretta e a senso unico. Ideale per compiere un rapina. E infatti già a fine maggio si era presentato un giovane africano che, armato di coltello, aveva rapinato poche decine di euro. Il danno economico era stato minimo, nessuno si era fatto male e il proprietario nemmeno aveva fatto denuncia. Dopo quattro mesi però, il malvivente si è rifatto vivo lunedì 24 alle 13 in compagnia di due complici. Coltello alla mano, i tre hanno minacciato il commesso, un giovane bengalese, minuto e gentile, costringendolo a consegnare i 150 euro custoditi in cassa. Sembrava finita lì, invece dopo appena un'ora i tre sono tornati, hanno nuovamente sfoderato il coltello, rinnovato le minacce e chiesto i soldi. Ma questa volta non potevano essere accontentati, il negozio non aveva incassato che pochi spiccioli. E allora i banditi hanno dovuto ripiegare su pane, torte, dolci e brioche. E il giorno dopo, sempre nel primo pomeriggio, puntuali come un orologio, i tre sono tornati e ancora una volta hanno ripulito cassa e scaffali.
Tre colpi in 24 ore sono un po' troppi, così Francesca Fusto, dirigente del commissariato Porta Genova, decide di approntare un servizio di appostamento, certa che la banda si rifarà viva. Così dentro il locale fa la sua comparsa un nuovo commesso con tanto di camice bianco e berretto in testa. Mentre fuori inizia a stazionare un mendicante. Più un altro paio di «sfaccendati» poco distante. Il 26 passa tranquillo però e così pure il 27. Per la cronaca, il poliziotto-mendicante si è talmente ben calato nella parte da raggranellare anche qualche offerta.
L'attesa però non dura a lungo e venerdì 28 sempre alla stessa ora, 14.58 per la precisione, ecco ricomparire i rapinatori. Entrano in due, tirano fuori il coltello, agguantano il bengalese, gli puntano la lama alla pancia e gli intimano di consegnare l'incasso. Ma dal retro spunta il nuovo commesso, mentre il mendicante si butta dentro il negozio. «Fermi polizia». I due non battono ciglio e si arrendono senza nemmeno tentare un cenno di resistenza. Il terzo compare, fuori a far da palo, quando vede il movimento chiama gli amici dentro con il cellulare quindi, capita l'antifona, si squaglia in fretta, vanamente inseguito da un paio di poliziotti
In commissariato i due africani, entrambi regolari, si rivelano essere «vecchie conoscenze»: abitano infatti in zona e nonostante la giovane età, 21 e 20 anni, hanno un bel po' di precedenti tra furti, rapine e aggressioni. In particolare il più grande, nato in Italia da genitori della Guinea, è già stato arrestato nel 2008 e attualmente ha l'obbligo di dimora. Alle sue spalle ha una situazione famigliare disagiata: la mamma è disoccupata e del padre si sono perse le tracce da tempo. E anche il più giovane, nato in Congo, vive con la sola madre e dietro di se ha un vissuto non meno drammatico.
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