Una donna marocchina di 34 anni con il bel volto e il corpo tumefatti. Piena di graffi, dolorante per le numerose fratture, in lacrime, le mani strette sulla faccia come a voler bloccare la disperazione dilagante. Talmente inconsolabile da non riuscire quasi a parlare anche se sono trascorsi già tre giorni da quanto è stata abusata e rapinata. La mattina del tre settembre scorso è una bella giornata di sole quando gli investigatori della squadra mobile guidati dal dirigente Marco Calì e dalla pm Bianca Maria Eugenia Baj Macario, riescono finalmente a raccogliere la testimonianza di Hania C. (il nome di battesimo è di fantasia) alla clinica ginecologica Mangiagalli, dove la donna è ricoverata dalla mattina del primo settembre dopo che i medici del Svsed (Soccorso violenza sessuale e domestica) avevano accertato che nella notte appena trascorsa era stata pestata, stuprata e addirittura torturata con una forchetta. Lunedì 4 gennaio, dopo tre mesi d'indagini serrate e silenti, gli uomini della Mobili hanno arrestato Asheraf Belhat, 24anni e il 25enne Maroinue Issaoui (presentatisi alla donna rispettivamente come Sharaf e Hamada), connazionali di Hania, come gli autori della violenza sessuale.
Due ragazzi incontrati alla discoteca «El Mawal club» di via Broni, al Vigentino e che le erano sembrati così gentili e soprattutto innocui da spingerla, in un sincero atto di generosità verso altri due marocchini come lei, persino a invitarli a dormire a casa sua, al Corvetto, visto che essendo entrambi senza fissa dimora non sapevano dove passare la notte. «E poi Hamada aveva detto di conoscere alcuni miei parenti stretti» ha dichiarato la donna alla polizia. Certo Hania non immaginava che una volta giunti nella sua abitazione sarebbe piombata in un baratro di violenza e botte.
«Quando siamo arrivati nel mio appartamento abbiamo bevuto un po' di birra e fumato il narghilé ed è stato allora, poco prima di andare a dormire, intorno alle 5.30, che il più giovane dei due, Charaf, mi ha chiesto esplicitamente di fare sesso ha spiegato la giovane donna marocchina . Io però mi sono rifiutata e ho tentato di allontanarli entrambi da casa. Charaf allora ha cominciato a tirarmi i capelli e poi mi ha sferrato un pugno in faccia e ha continuato a picchiarmi sempre con maggiore violenza. Finché sono caduta per terra e, per il dolore, ho perso i sensi. La mattina dopo mi sono svegliata con Hamada che mi teneva un braccio sulla spalla: Ti ha picchiato Charaf, io non lo farei mai, lo sai che conosco i tuoi parenti e tu potresti sempre denunciarmi»le ha detto l'uomo, in presenza dell'amico, come fosse la cosa più normale del mondo. Una versione dei fatti che purtroppo collima alla perfezione con quanto accaduto e non è solo l'interpretazione di una donna sconvolta. Infatti, durante una intercettazione, il 12 settembre, uno dei due stupratori parlando con un amico gli rivelerà, senza mezzi termini: «Abbiamo preso una, ci mancava poco per ammazzarla» come riassume nell'ordinanza di custodia cautelare il gip Guido Salvini
Prima di andarsene i due le hanno portato via anche il cellulare, ma lei, quando si è ripresa, è riuscita comunque a dare l'allarme.
Gli investigatori sono riusciti ad individuare i due uomini, si legge negli atti, «attraverso l'esame dei filmati del circuito di sicurezza del condominio», a tabulati telefonici e intercettazioni, ma anche attraverso un grande lavoro della Scientifica della questura milanese che ha rilevato il profilo genetico sui bicchieri, sul narghilé e sugli indumenti della donna.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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