Sinistra in alto mare. Manca meno di un anno alle Regionali e se il centrodestra non ha ancora chiuso la partita (ieri Giorgia Meloni ha messo in relazione il «bis» di Attilio Fontana e la chiusura dell'accordo in Sicilia), la sinistra al momento non l'ha neanche aperta. Troppe incognite. Non solo il candidato, non solo le eventuali primarie ma anche il «perimetro» della coalizione (chi è dentro e chi no). Quasi tutto dev'essere ancora definito a sinistra, al punto che si fa prima a dire quali sono le certezze. L'unica per ora è che ci sarà, come al solito, una coalizione imperniata sul Pd.
Un paradosso in casa Pd è che il candidato migliore su piazza, probabilmente, è quello che ha già perso: 5 anni fa Giorgio Gori è stato sconfitto nettamente, ma senza grandi colpe, perché l'aria tirava in tutt'altra direzione (verso la Lega). E ora che la sinistra spera di giocarsela davvero non ha ancora un candidato competitivo e in grado di tenere insieme tanti.
I nomi che circolano sono da mesi gli stessi. Il sindaco di Milano Beppe Sala resta sulla bocca di tanti, anche se si è tirato indietro, considerato anche l'imbarazzo di un tentato salto a pochi mesi dalla sua rielezione a Palazzo Marino. Molto gettonato resta Carlo Cottarelli, l'economista che è stato a un passo dal diventare premier. Cottarelli sarebbe il candidato ideale per tutta l'area liberal-democratica del centrosinistra. «Più Europa», e «Azione» di Carlo Calenda, non fanno mistero di considerarlo il miglior nome possibile per incunearsi nell'elettorato «moderato», e il diretto interessato si è mostrato possibilista. Chi non lo vedrebbe bene, però, sono i 5 Stelle. E qui si apre la questione del «perimetro».
Il Pd sembra affezionato all'idea di un «campo largo» coi grillini, ovunque possibile. E se a Enrico Letta l'intesa pare necessaria alle Politiche, allora dovrà essere replicata anche alle Regionali. Di «soluzione unitaria» parla il segretario regionale Pd Vinicio Peluffo. «Nel 2018 i candidati erano tre: Gori, Rosati e Violi - spiega - ma in questi anni i gruppi hanno fatto battaglie comuni, a partire dalla sanità. C'è un percorso condiviso delle forze di opposizione, confermato anche dalle scelte fatte, realtà per realtà, alle Comunali. Questa sarà la terza tornata in cui ci sono nostri candidati sostenuti da uno schieramento molto ampio, dai 5 Stelle ad Azione». Il Pd spera che, dopo Varese, anche Lodi possa segnare un successo di una alleanza così ampia. E ricorda a tutti che Regionali e Politiche «sono due cose diverse», anche perché alle Regionali «c'è un'elezione diretta» e ci sarà probabilmente Fontana come avversario. «Pensiamo che le amministrative possano spingere in questa direzione - dice Peluffo - visto il lavoro fatto in tanti Comuni».
Un successo renderebbe tutto più facile. Ma dove i grillini non sono forti, come in Lombardia, potrebbero anche far perdere al Pd più di quanto non portino in termini di voti e aggregazione. Lo stesso Calenda ha già fatto sapere di essere incompatibile coi grillini. Matteo Renzi, poi, sta già facendo il guastatore da par suo, prospettando una corsa solitaria e bocciando le candidature altrui.
Gli scenari sono almeno due: o il Pd sceglie un profilo liberale con Cottarelli candidato e alleati più «di centro», oppure sposa per sempre i 5 Stelle con un candidato «più di sinistra» (e meno competitivo) e lascia che al centro nasca un terzo polo. Ulteriore possibilità è un compromesso con liste civico-politiche chiamate a fare ciò che i leader politici hanno giurato di non essere disposti ad ammettere. Un pasticcio, insomma.
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