Cantieri e controlli, il piano per smontare l'area

Per costruire l'opera magna di Cardo, Decumano e delle 200 strutture di Expo sono stati mossi due milioni di metri cubi di terra. Ora va smontato tutto e al posto dei piani di scavo si parlerà di piani rifiuti. Dai cancelli dell'area uscirà una mole di materiale imprevedibile ma quella da gettare in discarica va limitata il più possibile. Per questo lo staff di Expo ha deciso di portarsi avanti ed ha già inviato una mail a tutti i responsabili dei padiglioni.

«Abbiamo spronato tutti a svuotare le strutture e a smontare più elementi possibili - spiega Simona Colzani, delegato ambientale di Expo - Abbiamo spinto perché tutti riutilizzino i materiali, dal legno all'acciaio ed abbiamo ricordato gli obblighi previsti dai contratti». Più pezzi si riusciranno a riciclare, meno rifiuti ci saranno da smaltire. E lavorare sarà più semplice. Prima di maggio, nella corsa finale per arrivare pronti all'inaugurazione, coordinare i lavori di ogni padiglione, di ogni appaltatore e di migliaia di capi cantiere è stato un'odissea: lungo il Decumano si sono trovate a lavorare contemporaneamente ben 10mila maestranze provenienti da tutto il mondo. Ognuno con le sue procedure, ognuno con i suoi metodi. E, soprattutto nella fase finale, è stato complicato gestire il traffico di centinaia di camion, ruspe, gru e betoniere. Tanto che, in certe giornate, nemmeno c'era lo spazio per far parcheggiare tutti, figuriamoci per le manovre. Non solo, anche dopo l'apertura al pubblico, parecchi padiglioni - soprattutto quelli dei paesi stranieri - avevano abbandonato di fronte all'ingresso i materiali dei lavori, ammucchiandoli in qualche modo e costringendo gli addetti allo smaltimento rifiuti a turni straordinari.

Stavolta si cerca di limitare i danni e, se non altro, di prevenire i problemi della cosiddetta fase di «dismantling». MM spa, che ha gestito la sicurezza e gli aspetti ambientali del cantiere pre Expo, prima di maggio aveva imposto paletti rigidi. A cominciare dalla tracciabilità dei materiali. Lo stesso metodo verrà seguito dal primo novembre fino alla fine dei lavori. «Garantiamo che a Rho non ci sarà nessuna nuova Terra dei fuochi - assicura la Colzani - Significa che controlleremo il percorso e l'origine di ogni metro cubo di terra che servirà a riempire i buchi lasciati dai padiglioni smontati. E verificheremo, passaggio per passaggio, anche il percorso delle macerie che saranno portate fuori dal sito». Sulla terra utilizzata ci sarà un controllo incrociato: con verifiche sui documenti forniti dai trasportatori e con analisi effettuate in laboratorio dalla società. Non solo, continueranno ad essere rigide le ispezioni sui camion: 250 i gps già installati nella fase di costruzione. Ferrei anche i controlli ambientali sull'acqua, per evitare che la falda venga inquinata.

«Abbiamo a disposizione 14 piezometri - spiegano i tecnici - cioè pozzi di 25 metri che arrivano alla falda e permettono di effettuare le verifiche. Per ora non si sono stati riversamenti preoccupanti ma non abbasseremo la guardia fino alla fine».

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