Tanti alberi ma non un cinguettìo al cimitero Maggiore, solo un gracchiare di cornacchie e qualche colombo passeggero a brucare sui prati dove non passa né acqua né mano di donna o di uomo, vista la secchezza vittoriosa sulla fertlità. In mezzo alla pace silente, che solo nei camposanti abbiamo il piacere d'ascoltare, non c'è un uccellino che canta, e colpisce, perché conferma lo stato d'abbandono e di «morte» in cui il Musocco si distende senza protestare, in fondo lo sappiamo che in questa civiltà la parola «morte» non è un vocabolo simpatico; se potessimo lo cancelleremmo dal dizionario.
Se non fosse che ci sono alcune persone, forse le più anziane, forse le più sensibili, che non smettono d'andare sulla tomba dei cari, per ascoltare una voce che viene da un'altra contemporaneità, ribellandosi giustamente a tale sfregio. Mura intaccate da crepe, ragnatele, grigiore, fiori finti coperti dalla polvere, tanti montacarichi arrugginiti per portatori di handicap, piante secche lungo i viali, deserto, lavori apparentemente in corso che scavano buche, chissà da quanto tempo dimenticate viste le erbacce che vi crescono, container subdoli e gabinetti in plastica che paiono la trasformazione in grande di vasi e annaffiatoi buttati a terra. Il colpo d'occhio è questo, appena si va oltre l'entrata principale e si procede verso il fondo.
Più che un camposanto, il Musocco pare una discarica a cui anche il cielo è indifferente, dove le ruspe tacciono e i pochi operai discutono seduti sui gradini delle tombe più eclatanti. L'autobus che fa il servizio interno, data la vastità del monumento, è vuoto. Le colombaie con i calti sono bunker di sepolture provenienti da una civiltà per la quale il passato è una vergogna, un'esposizione poco universale, anche se poi al momento opportuno, quella «cosa», la morte, la rende in assoluto la più universale di tutte.
I volti degli angeli in pietra sono neri di smog, oppure corrosi dal tempo. Non c'è un lumino acceso, nemmeno nelle parti al coperto, tanto desolate che in alcune ore del giorno i parenti dei defunti sono spesso infastiditi da accattoni che chiedono la carita. Ora la domanda è: di chi è la responsabilità di questa tristezza? «Del Comune» è la risposta sacrosanta e immediata, dato che i custodi sono pochi, i giardinieri inesistenti e la presenza che testimonia l'attenzione di un gestore sta solo in qualche cartellino arancio, appeso su alcune tombe, con l'avviso: «Concessione scaduta». Anche dopo la morte, il compito dell'amministrazione è quello di rammentarsi del cittadino quando sbaglia, stabilendo con lui solo un tipo di rapporto: multa. «Caro cittadino, mi ricordo che tu hai un caro sepolto lì solo quando il tuo permesso ha valicato il limite di tempo, pare dire il Comune, ma non mi ricordo quando lascio montagni di scavi all'aperto o gabbiotti di plastica - pieni di cosa? - che rovinano la prospettiva anche nelle aeree dove il verde è curato, le tombe lucide, i fiori freschi e l'aria di settembre diffonde un balsamico profumo di pino.
Se a volte abbiamo il dubbio d'essere un numero per i nostri amministratori, non c'è posto come il cimitero Maggiore per rendercene conto. Anticamente si diceva che la misura di una civiltà si prendeva dall'importanza riservata al culto della morte. Belle cose appaiono al Musocco, devastate dalla patina dell'apatia. Comunque, come in ogni medaglia, sia essa d'onore o disonore come in questo caso, c'è un rovescio. E il rovescio dice che la responsabilità è di tutti noi, attenti ai nostri cari solo il primo e il 2 novembre. Che senso ha coltivare bene una tomba? Domanda inquietante in una società dove il contare fa rima con guardare. Solo ciò che si vede per noi è fondamentale, se una persona non c'è più, la sua sepoltura diventa simulacro di un'assenza che diventa peso.
Nel più grande cimitero di Milano l'a - cultura dei defunti sconcerta, perché non è la dimenticanza a far da padrona ma il fatto che questo terreno, in teoria benedetto, è desacralizzato da una caotica casualità, come una brodaglia d'accozzaglie. Se tra le zolle si trovasse un giorno un tendone di cassette vuote nessuno potrebbe trovarle fuori posto.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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