Lo si può dire in cifre, o con una sola parola. Il suo autore (o meglio sarebbe dire «genitore», per il trasporto con cui ne parla) opta per la seconda soluzione, e dice: «Notre Dame De Paris è un vero miracolo». Le cifre, quelle dicono che quest'opera musicale ha raccolto solo in Italia, nei diciassette anni in cui è andato in scena, più di quattro milioni di spettatori (un milione solo nella stagione 2016), con 47 città toccate e 1.236 repliche. Nel mondo, più o meno nello stesso periodo, Notre Dame de Paris è stato tradotto in nove lingue diverse, ha viaggiato per ventitré paesi, richiamando tredici milioni di spettatori. Notre Dame de Paris torna a Milano, agli Arcimboldi da domani al 17 novembre, con buona parte del cast storico (Giò Di Tonno nel ruolo del gobbo Quasimodo, Vittorio Matteucci in quello di Frollo) e con una nuova Esmeralda, la bella cantante albanese Elhaida Dani, ventiseienne, già nel cast francese dell'opera nonché ex concorrente di The Voice of Italy, scoperta e valorizzata proprio da Riccardo Cocciante, che allora faceva il coach nel programma. Elhaida è la cosa migliore che il cantautore italo-francese conserva di quell'esperienza: «Non la ripeterei mai spiega I talent show masticano i giovani talenti, li buttano via. É stata una sofferenza incontrare così tanti giovani consumati per quella gara. L'arte non è una gara». E arte Riccardo Cocciante ritiene il suo Notre Dame de Paris, perché certe cose sono come perle rare, trovate laggiù, nascoste da qualche parte nel proprio talento: «Luc Plamondon, l'autore delle liriche francesi spiega il musicista pensava da anni di trarre dal romanzo di Victor Hugho un'opera musicale. Io avevo seri dubbi iniziali: toccare un classico mi sembrava rischioso. Avevo da parte già una decina di temi, che non volevo utilizzare come cantante, alcuni risalivano addirittura agli anni Ottanta. Quando mi sedetti al pianoforte con Luc, successe la magia: ricordo che in una serata, in cinque ore, creammo cinque temi. Era una febbre, una foga indicibile». Oggi quella creazione («opera popolare, non chiamatela musical») è da diciassette anni in eterno viaggio internazionale, immutata nella scena e nelle liriche (la versione italiana porta la firma di Pasquale Panella): «Finché sono vivo io, non si cambierà una virgola - spiega Cocciante Se ancora scrivo non lo faccio per motivi commerciali, non amo i compromessi. A dire il vero non li ho mai amati: negli anni '70, quando andavano i cantautori impegnati e politici, io uscii con Margherita, una canzone che sembrava inadatta all'epoca. Le cose andarono diversamente.
Ora sto lavorando a una nuova versione della Turandot, in cinese, per il pubblico cinese. Laggiù il governo ama avere il controllo su tutto, ma io e miei collaboratori siamo stati chiari: nulla scritto dagli autori verrà toccato. Lo spettacolo esordirà a Pechino nella primavera 2020».
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