Viale Certosa, 146. Non è più l'indirizzo di una concessionaria di auto, come fino a poco tempo fa. Sarà l'indirizzo della moschea di Milano, quella che vuole il Comune, andando incontro alla proposta che le è giunta dai rappresentanti della Giordania. La partita è a buon punto, d'altra parte manca poco all'Expo, quando la città ospiterà turisti e personalità di mezzo mondo (compreso quello arabo) e dovrà garantire a tutti un'accoglienza adeguata. È questa la preoccupazione che ha spinto gli ambienti giordani a muoversi. E Palazzo Marino è stato ben lieto di mettere la proposta di viale Certosa su una corsia preferenziale rispetto a quella del Caim, il coordinamento delle associazioni islamiche che ha già presentato nero su bianco un progetto per costruire cupola e minareto nella zona del Palasharp a Lampugnano.
Anche il progetto di viale Certosa, però, riscuote reazioni contrastanti. Lo stesso Riccardo De Corato (Fratelli d'Italia) riconosce: «C'è un'enorme differenza. Del Caim non so chi si fidi, se la richiesta ci arriva dalla Giordania che si fa garante è diverso». Detto questo l'ex vicesindaco non fa sconti e chiede il referendum: «Se non ci sarà un referendum faremo le barricate quando, per destinare l'area a luogo di culto, la questione passerà in Consiglio». «Se i milanesi saranno d'accordo invece ne prenderemo atto. Non so se ci sono i tempi per fare il referendum il 25 maggio, ma si può fare in autunno». «Il referendum mi pare anti-storico, non è argomento da referendum questo - ribatte il segretario del Pd milanese Pietro Bussolati -. Votare non mi spaventa mai, ma su questo non ha senso, anche perché la moschea era nel programma di Pisapia e avvicina Milano alle capitali europee. Servono, certo, requisiti su pluralismo, sicurezza e tracciabilità dei finanziamenti, ma una moschea ufficiale garantisce più di tanti luoghi non ufficiali».
E punta tutto sulle regole Forza Italia, col capogruppo Fabrizio De Pasquale: «Non mi pare argomento da referendum - premette - anche perché sappiamo già che questa non è una priorità dei cittadini. Detto questo, noi siamo duri come i nostri alleati. Il Comune deve approvare un regolamento per evitare che le moschee crescano come funghi. Non deve farsi promotore della moschea o facilitatore. E non deve dare aree pubbliche. Sulle aree dei privati devono esserci condizioni stringenti sui soggetti proponenti e gestori e su tutti i requisiti logistici, urbanistici e di viabilità». «A Milano non c'è un solo metro quadro per le moschee - taglia corto il segretario leghista Matteo Salvini - anche perché dal nostro punto di vista gli islamici non danno sufficienti garanzie. Comunque, abbiamo chiesto che siano chiamati a votare i milanesi e i cittadini della zona in particolare». L'ex presidente di zona 8, Claudio Consolini, oggi capogruppo di Forza Italia, giudica la zona inadeguata: «Sarebbe una presenza troppo invasiva, c'è già troppo traffico e confusione. Meglio l'area del Palasharp, più lontana dalle case, vicina all'autostrada e alla metro.
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