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"Continuerò a rompere M5s non sia un'azienda che caccia chi discute"

Il consigliere comunale «ribelle»: non sono nostalgico, difendo i valori del Movimento

"Continuerò a rompere M5s non sia un'azienda che caccia chi discute"

Simone Sollazzo, consigliere comunale M5S. Beppe Grillo ha lanciato un messaggio chiaro ai dissidenti: il capo politico è Di Maio e «non possiamo continuare a fare dei Facebook uno contro l'altro, quindi non rompere i c...ni».

Si è sentito chiamato in causa?

«Certo, mi sono sentito coinvolto come tutta la base d'Italia che è rimasta fedele a quei principi e valori che ci hanno fatto iniziare questo percorso non solo politico ma di vita. É paradossale che proprio i fondatori si stiano allontanando da quella visione di spontaneità del movimento, stava soprattutto nel coinvolgimento delle masse in ogni tipo di scelta».

Grillo ha detto anche che è sbagliato essere nostalgici», dovete «riprogettarvi». Non è d'accordo?

«La cosa che ci offende non è il concetto del cambiamento. É ovvio che il movimento si può adattare al cambio dei tempi, ma senza perderei i suoi pilastri. La domanda non è che organizzazione dobbiamo darci, ma se abbiamo ancora un'identità definita rispetto agli altri. Ciò che ci distingueva era la libertà di espressione, non l'organizzazione forzata dall'alto, un modello aziendale dove se non accetti le direttive ti dicono quella è la porta e te ne vai».

Due settimane a Cornaredo ha promosso il primo incontro dei «ribelli» milanesi che sostengono una nuova Carta di Firenze 2019, tra i punti c'è il superamento della figura del capo politico e la piena proprietà e gestione del sistema Rousseaus al Movimento. Un attacco a Di Maio e uno alla Casaleggio Associati?

«Intanto non ci piace sentirci chiamare ribelli ma piuttosto controcorrente. Ci sentiamo feriti ma non vogliamo demordere nè uscire dal Movimento, piuttosto cambiarlo dall'interno. Non mettiamo in discussione Di Maio, non chiediamo di eliminare del tutto la figura del capo politico ma di ridimensionare il rapporto tra capo e base, di renderlo più paritetico. E Rousseau è utile se non propone quesiti che sembrano ratificare scelte già canalizzate, non c'è un'apertura sufficiente a delle revisioni, ai suggerimenti della base. Serve un comitato composto da attivisti di tutta Italia a garanzia dell'utilizzo corretto della piattaforma».

Ha invitato a votare no all'ultimo quesito, quello sulla «pausa elettorale» alle regionali in Emilia Romagna e Calabria, citando anche James Bond...Soddisfatto del risultato immagino?

«Ho scritto che quando si comincia una missione la si porta a termine, non lo dicono solo Bond o Rambo. E posto che secondo me non doveva nemmeno essere un quesito da rivolgere a noi lombardi, la mia posizione ha rispecchiato quella che è la coerenza, il buonsenso e il rispetto per quello che siamo e che siamo stati. Abbiamo cominciato una missione, dobbiamo prenderci l'onere e l'onore di candidarci con il nostro simbolo, è giusto per chi si è impegnato in questi anni sul territorio».

Aveva contestato il patto di governo col Pd e ora si parla di un nuovo «contratto» a lungo termine. Ci ha ripensato?

«Il nostro principio fondamentale non era creare alleanze a tavolino per giocarci le tornate elettorali ma collaborare con tutti su singole battaglie. Dopo l'alleanza con la Lega, accettare la proposta del Pd è sembrata una scelta forzata, per portare avanti il mandato. Detto questo, visto che va di moda ragionare in termini aziendalistici, ricordo che siamo il socio maggioritario, abbiamo più potere contrattuale e quindi al tavolo con il Pd dobbiamo far valere i nostri valori senza lasciarci trascinare dagli altri. Avremmo dovuto farlo già con la Lega».

Chissà, di questo passo magari alle Comunali 2021 vi troverete a sostenere un Sala bis. Fantapolitica?

«Avremo un nostro candidato, la difesa contro l'avanzata delle destre non può essere un pretesto per tirarsi fuori».

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