Lo sceicco Suhami-Al Thani lo ha detto più volte: «Amo Milano, qui mi sento a casa». Ma oltre agli investimenti su immobili e quartieri, il Qatar ha letteralmente perso la testa per alcune «coccole» culinarie. Non stiamo parlando né di menù stellati né di gran gourmet. Ma di preparato per torte.
Le miscele per i dolci casalinghi sembrano aver solleticato i palati degli emiri, che ne hanno ordinate in gran quantità. Ali El Zein, l'intermediario food and beverage del Quatar, ha firmato accordi con i produttori italiani per rifornire gli scaffali dei supermercati e proporre al pubblico arabo la specialità per preparare sacher e torte di mele. Stretti contratti anche per la pasta e l'olio.
Anche il Giappone si è innamorato dell'Italia, in particolar modo della Lombardia. Kazuya Hirata, buyer della catena di supermercati Takashimaya, è impazzito per la burrata dopo averla assaggiata a Expo e ha visitato parecchi caseifici lombardi a caccia di formaggi da importare. L'Esselunga giapponese ha già ordinato forme di grana e grandi quantità di olio d'oliva. Non solo, anche la Cina ha scelto il «made in Italy» autentico: nei reparti dei market di Hong Kong si troveranno sempre più pacchetti di fusilli e confezioni di caffè. I cinesi inoltre stanno studiando una piattaforma on line per vendere i prodotti italiani. Originali. Giurano.
Questi gli effetti di Expo. Che sarà pur criticabile per mille aspetti. Ma che come fiera sta funzionando alla grande. E si sta rivelando una vetrina realmente internazionale per i produttori lombardi. Le piccole e medie aziende stanno aumentando in maniera vertiginosa le esportazioni e in questi mesi stanno ricevendo le visite di delegazioni di stranieri provenienti da tutto il mondo. Zanetti spa, che produce grana padano, il salumificio Beretta, la ditta San Carlo. E come loro parecchie altre aziende agricole. Insomma, avere a disposizione un punto d'incontro come Expo significa poter fare il salto da un trampolino ed allargarsi in tutto il mondo.
C'è un'area, in fondo al Decumano di Expo, dove ogni giorno si stringono accordi di questo tipo. Defilato dietro Oman e Russia, il padiglione di Cibus Federalimentare ospita ogni giorno delegazioni di stranieri e imprenditori italiani. In una luminosa stanza bianca sono stati allestiti decine di tavolini: una sedia da una lato, una sedia dall'altro e qualche foglio di carta a disposizione per prendere appunti. Tanto basta per conoscersi in un veloce faccia a faccia e stringere alleanze. Per firmare contratti e portare grana padano, salumi lombardi e prodotti precotti dall'altro lato del mondo.
Finora i buyers stranieri che si sono avvicendati su quei tavolini esorcizza-crisi sono stati un migliaio. Si conta di raddoppiare la cifra entro la fine di Expo. Sono arrivati dagli Stati Uniti, dal Canada (che ha ordinato quintali di torroncini di Modica), Australia, Montenegro, Polonia, Serbia, Islanda. E ancora da Cina, Arabia Saudita, Svezia e Finlandia. Aumentare le esportazioni per i produttori lombardi significa ridurre al minimo il rischio della contraffazione: il grana padano sarà originale, così come la pasta e la passata di pomodoro.
Stanno andando a gonfie vele anche gli incontri «business to business» tra imprese italiane ed estere organizzati da Camera di commercio e Promos, l'azienda speciale per le attività internazionali: 10mila incontri (che proseguiranno fino alla fine di Expo) e un import-export che vale 56 miliardi.
La Lombardia pesa un terzo dell'import nazionale (32%) e un quarto dell'export (27%). Milano è la prima provincia con il 53% dell'import lombardo e il 33% dell'export, seguono Brescia (13,5%) Bergamo (12,8%) e Varese (8,9%).- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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