Stefano Giani
C'era ancora la contrada del Rebecchino. L'aveva «cantata» il Porta ne La messa noeuva in cui un marito bizzarro e leggero lasciava nel letto la Peppa, ovvero sua moglie, per andare a messa. Ma quel collaron del Domm poi cambiava idea e s'intrufolava in un bordello. A due passi dal Rebecchin. Perché alle spalle di quell'isolato, dove oggi è piazza Diaz, c'era il quartiere pericoloso di Milano. Osterie e donnine nude. Scampoli di sesso a una lira. Dall'altra parte della piazza stava la gendarmeria. Diavolo e acqua santa. Come quelli che fanno barcollare il marito della Peppa, conteso fra l'angelo custode e il diavolo. Vince il demonio ma l'angelo si vendica. A modo suo. Coinvolgendo la polizia. Sullo sfondo, il Duomo.
Una piazza che è cambiata come le persone che l'attraversano. La osservano dall'alto. Entrano in cattedrale. Oggi in coda per farsi perquisire e pagare il biglietto. Un tempo in chiesa si entrava gratis e non c'erano metal detector. Ma il marmo di Candoglia era grigio come cielo fuligginoso. E del morale di milanesi e «milanesi». La nebbia sembra essere volata verso altri lidi e il lavoro degli operai della Fabbrica - 700 anni di manutenzione del Duomo - è più visibile e appariscente. Nuove luci fanno splendere le navate di un manto avvolgente. Ma il Duomo - o meglio l'Arcidiocesi insieme con la Regione, il National geographic e Parallelozero - ha deciso di mostrarsi com'era. E un po' anche come è diventato in questi 150 anni, attraverso una rassegna di fotografie dal 1860 a oggi.
Aperta da giovedì 24 novembre al 28 febbraio nelle sale dell'archivio della Veneranda Fabbrica, nel grande Museo del Duomo e nella splendida chiesa di San Gottardo in Corte, l'esposizione Il Duomo si racconta mostra una scelta circoscritta delle 90mila immagini che lo ritraggono, uscite degli archivi. Si raccontano i cantieri dei marmisti, gli operai rocciatori che si inerpicano tra le guglie bisognose di restauri come in una cordata in montagna, la vita segreta della cattedrale, i vescovi nel Capitolo. Insomma, la vita quotidiana di un monumento simbolo della città e del mondo che le è sempre gravitato attorno.
«La gran macchina del Duomo» - frase che Manzoni lascia pronunciare a un Renzo stupefatto davanti a quella meraviglia - fa amicizia con il pubblico sulla linea di un lavoro iniziato qualche anno fa anche attraverso uno spettacolo teatrale messo in scena con largo successo nell'estate 2015 sulle terrazze. La mostra, a ingresso libero, è aperta tutti i giorni escluso il mercoledì dalle 10 alle 18. L'ultimo ingresso è previsto alle 17.10.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.