Grande "Missa" in Duomo. La città omaggia Paolo VI

Chailly dirige l'opera sacra scritta dal padre Luciano Confalonieri: «Papa Montini, un gigante della fede»

Grande "Missa" in Duomo. La città omaggia Paolo VI

Scala e Veneranda Fabbrica insieme. «Un incontro che unisce due grandi realtà milanesi per dare vita a un concerto nel segno di Giovanni Battista Montini, un gigante della fede della nostra città il cui nome è legato alla ricostruzione spirituale e materiale di Milano nel Dopoguerra». Così il presidente della Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano Fedele Confalonieri, ieri impegnato a fare gli onori di casa all'incontro sul concerto straordinario che si terrà, in omaggio a Paolo VI, martedì 24 settembre alle ore 20,45 nella cattedrale. Un giorno di fede, musica e cultura. Riccardo Chailly dirigerà Coro e Orchestra della Scala.

Il programma prevede la Sinfonia n°4 di Ludwig Van Beethoven e la Missa Papae Pauli scritta per il Santo Padre da Luciano Chailly (1920-1902), noto compositore, padre del direttore musicale scaligero. Che nel 1967 seguì l'illustre genitore a Castelgandolfo per consegnare al Papa il nastro della registrazione della Missa e che oggi ricorda quanto forte fosse il legame che lui aveva con questa sua composizione, «tanto da volere che sul marmo della tomba di famiglia fossero scolpire le ultime parole dell'opera Dona nobis pacem». Appuntamento per i cittadini legato a una ricorrenza.

L'evento arriva «per celebrare l'anniversario della nascita del santo pontefice che ricorrerà il 26 settembre», spiega a una sala gremita, nell'Archivio della Veneranda, monsignor Gianantonio Borgonovo, arciprete del Duomo. Con lui, in prima fila alla presentazione alcuni sponsor, il presidente della Cattolica Assicurazioni Paolo Bedoni e la presidente di Ubi Banca Letizia Moratti («un contributo nato dal cuore per ricordare l'intensità del legame che Paolo VI aveva con la nostra città»); il sostegno è arrivato dal gruppo Cairo-Rcs. Già, proprio così.

Un concerto straordinario, già proposto e promosso dal Festival pianistico internazionale di Brescia e Bergamo lo scorso fine maggio per la Canonizzazione del Papa presso il Teatro Grande di Brescia. Anche in quell'occasione un luogo scelto non a caso. Infatti era bresciano di nascita Montini, che è stato per quasi dieci anni arcivescovo di Milano, succedendo al cardinale Alfredo Schuster, prima di essere chiamato al soglio pontificio nel 1963. Scomparso nel 1978, è stato canonizzato nel 2018 da Papa Francesco.

Un bel libro di storia, con alcune pagine però meno note, anche se ben si conosce il rapporto che lui aveva con il mondo della creatività, il suo amore per l'arte e la musica, soggetti di molti suoi scritti, tra cui la celebre Lettera agli artisti. Un aspetto della vita del Pontefice al centro dell'interessante conversazione tra Borgonovo e Chailly avvenuta in loco, un botta e risposta documenti alla mano, tra citazioni e memoria.

L'arciprete: «La musica per lui è stata una bellezza che porta a Dio. Non si è solo musicisti, ma si è anche musicologi. Paolo VI è stato, in quel mondo post-conciliare con tante spinte e contro-spinte, uno che ha saputo dare molto anche dal punto di vista della musica liturgica»; lui che come ispirazione pure in questa passione «ebbe la Bibbia». Il maestro replica: «La musica non può essere solo emozione e commozione profonda, ma anche gioia ed energia. In questo la Quarta Sinfonia di Beethoven che eseguiremo e che precederà appunto la Missa, è esattamente questo».

Dulcis in fundo il suo periodo milanese. «Montini frequentava regolarmente il Conservatorio», racconta il direttore. A Roma ci fu un'udienza con tutti i personaggi che rappresentavano l'ente milanese di quegli anni, nel marzo del 1965, e in quell'occasione «disse di ricordare i bei momenti passati al Verdi e l'incontro anche con il maestro Ghedini (Giorgio Federico compositore, ndr)».

Un gran finale con la Missa Papae Pauli che verrà eseguita il 24 sera: «Sei movimenti, non sfrutta il linguaggio seriale della dodecafonia», già ebbe a dire a Brescia Chailly - Mostra una scrittura più libera» tra atonalità e politonalità, una scrittura che seguì una scelta precisa, un «passo indietro» che il compositore fece rispetto al suo modo di lavorare, questo per esprimere al meglio la sua visione in quel contesto, per usare la modernità in modo appropriato.

Il concerto in questo senso è pure «un'occasione di particolare valore perché permette di estendere a un compositore della seconda metà del Novecento un percorso di valorizzazione del repertorio sacro», aggiunge il sovrintendente scaligero Alexander

Pereira. «Il Duomo si conferma tempio della musica - conclude il presidente Fedele Confalonieri - luogo di incontro e di ascolto. Un cammino che con eventi e iniziative culturali la Veneranda Fabbrica ha intrapreso da tempo».

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