Iliade e Don Giovanni, attenti al Mito

Al Piccolo rivisitazione dei classici di Omero e Molière. All'Elfo "La classe" di Manna

Iliade e Don Giovanni, attenti al Mito

Andare a vedere Iliade, mito e guerra da ragazzini è una buona idea. Se la vicenda narrata da Omero racconta anche la storia di Heinrich Schliemann, l'archeologo che scoprì la città di Troia, ancora meglio. Al Piccolo Studio Melato, dal 29 gennaio al 3 febbraio, il classico greco la fa da padrone con lo spettacolo prodotto dal Piccolo, in collaborazione con Associazione culturale Mitmacher, per ragazzi a partire dagli 11 anni. La drammaturgia è di Giovanna Scardoni, la regia di Stefano Scherini, in scena c'è Nicola Ciaffoni. Sempre al Piccolo, allo Strehler, dal 29 gennaio al 10 febbraio va in scena il Don Giovanni di Molière. Primo spettacolo del direttore artistico Valerio Binasco per il Teatro Stabile di Torino, la commedia, cinque atti, è stata definita da Binasco «la grande festa del racconto». Il regista ci tiene a rivendicare autonomia dalle riletture anche più recenti per cercare il Seduttore nei meandri della vita, oltre che nel testo. Giovedì 31 gennaio, alle 17, al Chiostro Nina Vinchi la compagnia incontra il pubblico per parlare della messa in scena. Da non perdere la prima nazionale fino al 3 febbraio al Filodrammatici: Un intervento, di Mike Bartlett, nella traduzione di Jacopo Gassmann, regia di Fabrizio Arcuri, con Gabriele Benedetti e Rita Maffei (produzione di CSS Teatro stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia). Due amici che si erano persi di vista si incontrano a un party e mettono a confronto le loro diverse visioni sull'intervento (da qui il titolo) militare in Iraq. Bartlett è uno dei più acclamati drammaturghi inglesi, facciamoci venire la voglia di vedere come viene rappresentato (Arcuri è una garanzia).

Se ci si chiede, e può succedere, che cosa sia il teatro civile, la risposta è all'Elfo Puccini, dove dal 29 gennaio fino al 3 febbraio vediamo La classe, di Vincenzo Manna, con otto attori, regia di Giuseppe Marini. Lo spettacolo è nato da una ricerca condotta da Tecné con circa 2.000 interviste a giovani tra i 16 e i 19 anni che hanno spiegato come si relazionano con gli altri. Ambientato in un quartiere di periferia di una città d'Europa non distante dal mare, che ospita un istituto scolastico ma anche un gigantesco campo profughi, Realtà che obbliga gli studenti - molti considerati irrecuperabili - a prendere coscienza di un presente molto complesso, che un professore cerca di mettere in relazione con un passato terribile: l'Olocausto. Al Franco Parenti, oltre alle Memorie di Adriana con una sempre stratosferica Adriana Asti (fino al 3 febbraio), va in scena L'Ammore nun'è ammore, 30 sonetti di Shakespeare traditi e tradotti da Dario Jacobelli, con Lino Musella, anche regista, e Marco Vidino (cordofoni e percussioni). Musella, molto apprezzato soprattutto a Napoli e dintorni, terra che ha dato, dà e darà sempre molto al teatro e allo spettacolo in generale, utilizza una lingua che strattona, colpisce, segna.

Durezza e dolcezza insieme, hanno rilevato i critici che lo hanno giudicato, si sposano perfettamente, dando il tono a un lavoro che porta Shakespeare e le sue verità dentro lo spirito napoletano. Un tradimento, sì, ma anche uno svelamento: il Bardo, lo ricordiamo in ogni occasione, è una miniera infinita.

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