L'«amico» non parla ma è stato lui a preparare la trappola

Un balordo milanese della vecchia «ligera» si fece tatuare su una natica «Il mio avvocato si chiama “nega”». E rifacendosi a questo principio, l'amico di Massimo Esposito, si è trincerato dietro un tetragono: «Non lo conosco e quindi non potevo essere con lui quando l'hanno ferito l'altra sera in via Decorati al valore civile». Una linea di difesa un po' debole visto che la vittima ha fatto il suo nome, ha registrato nel telefonino il suo numero ed entrambi i cellulari risultano agganciati alla stessa cella al momento della sparatoria. Il «testimone» è un pregiudicato per droga, particolare che apre un squarcio di luce sulla vicenda. Il ferito dunque sarebbe stato inserito in qualche traffico illecito, avrebbe commesso uno sgarbo e sarebbe stato attirato in una trappola, con la probabile complicità del sedicente amico.
Potrebbe dunque essere vicino a una svolta il giallo della sparatoria di martedì sera in zona Mecenate, dove un incensurato di 39 anni è stato crivellato di proiettili di grosso calibro, cinque alle gambe, due al braccio più due che lo hanno ferito di striscio a testa e torace. L'uomo è stato colpito mentre si trovava in compagnia di un amico da due uomini arrivati in scooter. La stessa vittima chiama il 118 che poi gira la segnalazione ai carabinieri. I militari lo sentono per pochi istanti mentre gli infermieri lo stanno portando al San Raffaele. Fa il nome di un coetaneo e i termini, non propriamente lusinghieri, lasciano intendere lo ritenga l'esca dell'agguato.
I militari rintracciano l'uomo scoprendo che si tratta di un pregiudicato per droga, già fermato a Francoforte con un etto di cocaina. Lui non batte ciglio e giura di non essere stato in via Decorati, anzi di non conoscere proprio Esposito. Curioso, visto che i carabinieri accertano come nel cellulare della vittima ci sia il suo numero, che i due si sono sentiti nel corso della giornata e che il suo telefonino è stato agganciato alla cella sopra il luogo della sparatoria. Altri controlli consentono poi di verificare come la vittima non avesse un lavoro e quindi reddito dal 1999 ma che nonostante questo avesse qualche migliaia di euro sul conto corrente. E come in passato abbia fatto viaggi frequenti in Costa Rica, stessa meta dell'amico pregiudicato.
I carabinieri, appena l'uomo si sveglia dall'anestesia, corrono in ospedale a interrogarlo. Lui però ha già aggiustato la versione «Non ricordo nulla, non so nulla e comunque sto troppo male per essere interrogato». Che stia male non ci sono dubbi, i proiettili gli hanno provato lesioni molto serie, mentre non è credibile che «non sappia o non riesca a ricordare».
Il quadro comincia a prendere forma. Esposito è un «signor nessuno», nato e cresciuto a Melzo, sposato e separato, abita in via Val di Bondo con la vecchia nonna ammalata e finora non ha mai avuto problemi con la giustizia. Anche se in questi anni sembra sia vissuto «di espedienti», forse in società con l'amico trafficante. Nel corso di questi affari ha forse bidonato qualcuno, merce non consegnata, o pagamenti non effettuati.
Questo «qualcuno» dunque avrebbe deciso di dargli una lezione. Forse ha usato l'amico come esca, magari inconsapevolmente, fissando un appuntamento in via Decorati. Dove ha fatto trovare i due pistoleri che gli hanno scaricato addosso un paio di revolver. Forse per ammazzarlo, forse solo per «gambizzarlo».

Non dovrebbe comunque trattarsi di esponenti di spicco della malavita organizzata, ma di pesci piccoli.
Nelle prossime ore Massimo Esposito sarà nuovamente sentito dai carabinieri e forse, anche per le prove raccolte dai militari, qualcosa riuscirà finalmente a ricordare.

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