Stefano Bolognini, assessore regionale, vice commissario della Lega a Milano, il partito è in uno stato di grazia. Come sta in città?
«Tanti hanno voglia di mettersi in gioco. Il momento è molto positivo e di fronte a tutte queste aspettative bisogna cercare non dico di non perdere i pezzi, ma di avere ascolto per sensibilità nuove che si stanno avvicinando».
È il momento di allargare?
«Certo, senza snaturare. Professionisti, insegnanti, giovani, studenti, in un momento in cui la gente si allontana dalla politica, noi registriamo un trend inverso. Tanti vedono in Salvini una speranza».
C'è ancora la mitica «gavetta» che parte con l'attacchinaggio dei manifesti?
«Sfatiamo un mito. La gavetta c'è, è chiaro che chi entra non diventa deputato in una settimana, ma percorsi che prevedevano tempi di maturazione lunghi oggi possono essere di qualche mese o di un anno. Alle comunali abbiamo candidato persone che frequentavano il partito da poco e sono tutte impegnate e attive».
Insomma, società civile?
«In Comune la prossima volta vorrei avere anche persone alla prima esperienza. Certo, ci sono le preferenze, ma se avremo più spazio ci sarà spazio per gente nuova. Un esempio: il ministro Bussetti sta lavorando bene e tanti insegnanti lo seguono con interesse. Non faremo la lista degli insegnanti, ma sono sensibilità nuove che possono arricchire».
Come vi regolerete con chi arriva da altri partiti? Se ne parla molto in Regione.
«C'è bisogno di un momento in più per valutare. Caso per caso, anche perché una persona con esperienza politica consolidata è più difficile da gestire come equilibri sul territorio. Valuterà la segreteria, regionale o nazionale, con serietà e serenità, per tempo. E occorre stare attenti al fatto che a volte si condizionano anche i rapporti con gli alleati».
A proposito, gli alleati chi sono? Quelli storici o...?
«Salvini ha detto, e io lo condivido, che questo governo vuole governare 5 anni e ha programmi ambiziosi. Questo a Roma. A livello locale invece da anni portiamo avanti un'alleanza dei partiti di centrodestra, o centro, in alcuni casi liste civiche. Un'alleanza più rispondente a idee e programmi della Lega. Qualche mese fa ci ha permesso di vincere in Friuli, Molise, Sicilia, e anche in Lombardia. È il modello con cui ci presenteremo alle amministrative. Poi da qui ai prossimi 5 anni potrà succedere di tutto, nel bene e nel male. Se continua così la Lega potrebbe anche governare sola».
L'alleanza con i 5Stelle può farvi perdere sintonia col vostro storico blocco sociale del Nord? Pensi al veto grillino su Pedemontana. Voi invece ci tenete molto.
«No, il rischio non c'è. La Lega non ha fatto un passo indietro e anche sulle infrastrutture c'è la convinzione forte di portare a termine quelle che servono al Paese al Nord. Pedemontana è fondamentale».
Comunque, lo schema confermato è il centrodestra?
«A livello locale il modello è sicuramente il centrodestra, che in Regione lavora bene, è coeso, in sintonia con Fontana, che fra l'altro è stato ospite alla convention di Forza Italia ed è stato molto applaudito, è stata una presenza naturale, non certo forzata. Adesso dobbiamo tornare a Milano, con temi amministrativi forti, di fronte a una giunta debole. Abbiamo la necessità e il dovere di riportare a Milano un sindaco di centrodestra».
Sala come lo vede?
«È il primo sindaco che ha tutti progetti fermi. La città è dinamica, cammina di suo, ma Sala lo ricorderemo per aumenti Atm, palme e Area b».
La giunta ombra proposta da Bestetti (Fi) le piace?
«Milano guarda avanti, la marcatura a uomo va anche bene a Palazzo Marino ma Milano deve giocare a zona, dobbiamo darle un sogno».
Milano per la lega è storicamente una piazza ostica.
«È vero e una forza che ha il 35% e che punta a governare Milano non può avere solo... non voglio dire professionisti della politica, insomma deve aprirsi, come dicevo».
Vale anche per l'identikit del candidato sindaco?
«Sì, gli ultimi sindaci - Albertini, Moratti, Sala, ma anche Pisapia - non sono persone che hanno fatto politica per mestiere. Milano ha sempre trovato figure simili. Ecco, come la Moratti, con valori e ideali molto legati al centrodestra, più a Berlusconi che alla Lega nel suo caso, ma espressione di una società civile, imprenditoriale e professionale. Mi piacerebbe trovare una figura simile, che porti a fattor comune i partiti, liberando una forza che Milano ha in sé».
Una Moratti leghista?
«Sì, di centrodestra o leghista, che sappia interpretare la città e insieme alla politica dia le risposte migliori. Non estranea alla politica, ché poi si rischiano disastri, pensiamo alla Raggi, ma lavori coi partiti».
Quindi non parlerete solo di sicurezza?
«Milano è anche la moda, i servizi, il commercio. Armani, Sangalli, Pellegrini. Sindaco deve essere chi, partendo dalle periferie, dalle povertà e dal disagio, liberi anche la forza che ha la nostra città.
Che sappia affrontare le sfide internazionali, ma che abbia preso anche la 90-91 e frequentato un oratorio di periferia. Che conosca la storia di Peck, che faccia la spesa all'Esselunga e qualche volta anche al mercato».
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