Simone Finotti
«Il cinema è un alto artificio che mira a costruire realtà alternative alla vita vera, che gli provvede solo il materiale grezzo», scriveva Umberto Eco. A volte però succede anche il contrario, e cioè che sia la pellicola a fornire spunti per la vita. E Stefano Bartezzaghi, 57 anni, che di Eco fu allievo e si laureò nel 1990, a Bologna, con una tesi sulla semiotica dell'enigmistica, di cinema si è nutrito fin da ragazzo. «Ha da sempre una parte importante nella mia vita. Negli anni '70 avevo la tessera dell'Obraz, che ha formato generazioni di cinefili milanesi» ha raccontato in chiusura della rassegna Sei gradi di separazione alla Fondazione Feltrinelli, intervenendo dopo Goffredo Fofi e Carlo Sini. Un'occasione per ripercorre titoli e nomi celebri, da Zazie dans le métro di Louis Malle tratto dal romanzo di Raymond Queneau («Malle ha riprodotto scelte linguistiche dello scrittore, con formule cinematografiche innovative»).
Il metrò sembra un filo conduttore che porta a Marathon («L'ho visto mentre lavoravo all'Orizzonte verticale, una storia dei cruciverba e l'ultimo capitolo l'ho dedicato a questo film sorprendente»). Come 2001: Odissea nello spazio di Kubrik, «Un capolavoro. Allora fu per me un enigma: non capii niente, ma ne fui sedotto».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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