L'oratorio di San Protaso ha sconfitto diavoli e metrò

In piedi da mille anni, è resistito al Barbarossa e aiutò i carbonari. Ha evitato abbattimenti e costretto i cantieri Mm a girarle attorno

L'oratorio di San Protaso ha sconfitto diavoli e metrò

Nottetempo, ci aveva provato pure Asmodeo. Illustre principe dei diavoli. E aveva allungato le mani luride sul muro. Per afferrarla. Ma scivolò giù. Alla base della parete. E poi giù, fin nelle viscere della terra. Da dove veniva. E dove inevitabilmente fu risucchiato. Restò un'impronta, ma durò una notte. Entrare in una chiesa era una sfida impossibile per il demonio, ma tentare aveva un senso. In mille e passa anni ci erano riusciti tutti. Mancava solo lui. E Belzebù aveva scelto di aspettare. Attese il XXI secolo. Tempi profani. E templi profanati. Quella cappella in mezzo a via Lorenteggio non era più un luogo sacro da un pezzo. E per Satana non era certo un dettaglio.

Il tabernacolo era vuoto dagli anni Trenta, eppure la Curia non l'ha mai «sconsacrato». Piuttosto, ha «ridotto ad uso profano» quella piccola pieve. La differenza sta in un delitto. E lì non avvenne mai. Al punto che nell'anno del Signore 1987 - era il 15 settembre - don Adriano Cucco, di mestiere prevosto di San Vito al Giambellino, prese carta e penna e scrisse al vescovo per rassicurarlo. Dagli archivi parrocchiali «non risultano accaduti fatti di sangue che possano richiederne la sconsacrazione». Il diavolo, abilissimo con le pentole ma poco avvezzo ai coperchi, aveva dimenticato di prepararsi la strada.

E aveva pure scelto il posto sbagliato. Una cantonata. Perché l'oratorio di San Protaso non era un luogo di svago in cui intrufolarsi tra le giovani reclute di un volenteroso sacerdote. Ma un piccolo spazio sacro che traeva il nome dalla radice latina del verbo orare . Un posto destinato alla preghiera, insomma. E al raccoglimento. Per di più, dedicato a un santo, dal nome tutt'altro che casuale. Furono due i Protaso di Milano. Vissero entrambi fra il III e il IV secolo ed entrambi salirono all'onore degli altari. Ma non si conobbero mai.

Uno fu vescovo, l'altro un ragazzino. Il primo governò la diocesi cittadina dal 328. Si spese per difendere la Trinità e finì martirizzato. Erano gli anni in cui infuriava l'arianesimo, dottrina che prese il nome da Ario, il prelato che la teorizzò. Per lui la Trinità non era paritaria. La natura divina del Figlio era inferiore a quella di Dio e ciò presupponeva che per un certo periodo il Verbo non fosse mai esistito. Polemica riflessa. Tra l'imperatore Costante e Atanasio di Alessandria, Protaso difese l'ottavo papa della chiesa copta. Andò che al concilio di Milano del 355, dove fu sancita la sconfitta di Atanasio, Protaso mancava. Era morto una decina d'anni prima e fu sepolto in San Vittore al Corpo. Dove tuttora riposa.

L'altro Protaso, associato al fratello Gervaso, era figlio d'arte. Il padre Vitale fu ucciso a Ravenna, dove gli hanno intestato la cattedrale. La madre Valeria fu assassinata mentre tornava a Milano. Tutti divennero santi. I ragazzi non alimentarono rancori, vendettero i loro averi e aiutarono i poveri. La loro pietas suscitò i miasmi del marcio. Furono denunciati come cristiani. E catturati. Protaso decapitato a fil di spada, Gervaso flagellato.

Non furono più trovati. Fino al 17 giugno 386. A scoprirli fu un altro vescovo, Ambrogio. La notte prima del ritrovamento confidò al segretario Paolino di aver avuto una rivelazione. Il giorno dopo, i corpi intatti di due adulti di alta statura riemersero miracolosamente nel cimitero. Fra il comando di polizia e la Cattolica di oggi. Il presule li fece traslare nella basilica martyrum . L'attuale Sant'Ambrogio.

Il Protaso cui è intestato l'oratorio è il vescovo. La chiesina fu costruita intorno all'anno Mille dai monaci benedettini di San Vittore che vollero una cappella per i contadini delle cascine fuori città. E sorse nell'antico comune di Lorenteggio. All'epoca Laurentilium. Fra campi, marcite e tigli.

Federico III di Svevia, più noto come il Barbarossa, fu il primo a volerla radere al suolo. L'impeto di un assalto faticoso per conquistare Milano lo aveva incattivito. Poi ci ripensò. Sembra che vi sostò in preghiera, chiedendo il successo della sua spedizione. Non era un devoto l'Hohenstaufen. Eppure, impadronitosi della città, risparmiò la pieve. Era il 1162.

Quattro secoli dopo divenne il rifugio delle donne. Nel 1530 la contessa Ludovica Torelli di Guastalla fondò l'ordine delle Angeliche di San Paolo. Erano dame di nobili casati che abbandonavano lussi e famiglie per raccogliersi fuori porta. In zone malfamate. Svolgevano opera di apostolato. Soccorrevano bisognosi e malati. Ma non ebbero lunga vita. A loro fu imposto il convento. E la clausura.

Ma l'Oratorio che le ospitò, resistette. E arrivò Napoleone. Sventrò le porte, non si curò di Dio e trasformò quel luogo santo in un deposito di armi. Non pago, per questioni di dazio, decise anche che il Lorenteggio dovesse diventare parte di Milano. Ma soltanto il Duce avrebbe istituito il suo provvedimento. La chiesina intanto aveva iniziato a vivere la sua prima stagione profana. La seconda fu all'insegna di un altro Federico. Il conte Confalonieri, senatore del regno, vi tenne le riunioni dei carbonari che, al riparo di quelle mura, pianificarono i moti del 1820. Entravano e uscivano senza entrare e uscire. Nell'abside sta infatti una botola. Dà accesso a un cunicolo nascosto e conserva un mistero mai chiarito. Non è certo dove porti. Se a Sant'Ambrogio. A San Vittore. O addirittura al Castello.

Il segreto è chiuso nella tomba con i cospiratori. Ma è vivo tutt'oggi. E, quando è stata progettata la Mm4, il quartiere ha temuto per la sopravvivenza del cunicolo. Come negli anni Trenta, con l'abbattimento delle cascine, tremò per le sorti dell'oratorio. E negli anni '50 con l'aumento del traffico si rischiò che il Comune la radesse al suolo per privilegiare le strade.

Ha sempre vinto la cappella.

L'ultima minaccia era sotterranea. Subliminale. Vigliacca. La metropolitana. Le ruspe tornarono a far la voce grossa, ma i commercianti sono insorti. E la Soprintendenza con un decreto di vincolo le ha arrestate per sempre. Lo scavo non tocchi San Protaso.

Fu allora che Lucifero allungò le mani. Di notte. Ricordò di essere un angelo, seppur nella schiera di quelli ribelli. E per questo fu catapultato giù dal cielo. Ebbe vita dura. Anzi durissima. Cercò di afferrare quella chiesetta. Le impronte, scoperte di buon mattino, fecero pensare a messe nere e riti satanici. Nel cuore delle tenebre. Ma nessuno s'impaurì. Arrivarono con i pennelli. E il diavolo, sbiadito, sparì. Tornò negli inferi. E nell'oratorio è entrato il cardinale.

Le ultime celebrazioni religiose nell'Oratorio di San Protaso risalgono agli anni Trenta, quando la chiesina è stata «ridotta ad uso profano». Oggi viene aperta in particolari occasioni, come nelle feste di via che si tengono due volte l'anno al Lorenteggio.

A giugno è stata ampiamente utilizzata fra le iniziative fuori Expo. L'oratorio di San Protaso- di cui ha le chiavi l'Ascoloren - ha infatti ospitato numerosi concerti in cui si sono esibiti giovani virtuosi strumentisti.

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