Oggi alle 14,45 il funerale in quella stessa chiesa di san Nereo e Achileo in viale Argonne 56 dove salutò suo figlio. Perché mamma Anita Ramelli se n'è andata l'antivigilia di Natale, dopo 38 lunghi anni vissuti affacciandosi alla finestra di via Amadeo su quel marciapiede dove un manipolo di vigliacchi di Avanguardia operaia le avevano massacrato Sergio appena diciottenne. Colpevole di un tema in cui condannava le Brigate Rosse che avevano ucciso Giuseppe Mazzola e Graziano Giralucci nella sede del Msi di Padova. I «compagni» dell'Itis Molinari lo affissero in bacheca per il processo politico, la cui sentenza fu semplicemente «morte». Lo aspettarono in tanti contro uno, come sempre in quei tempi nei quali «uccidere un fascista non è un reato». Non soltanto per la feccia dell'estremismo rosso, ma anche per politici, intellettuali e magistrati che infatti lasciarono passare undici anni prima di rendere una parvenza di giustizia a un cranio fracassato a colpi di chiave inglese UZ 36. Quelli se la cavarono con una decina d'anni, per Sergio furono 48 giorni di agonia. Terribile quanto quei funerali a cui non si presentò nessuna autorità. L'unica preoccupazione di questura e prefettura fu di impedire ai camerati di Sergio qualsiasi celebrazione. Ma ci sono fiumi di passione che non si possono arginare e ogni 29 aprile su quel selciato lavato col sangue si sono sempre ritrovati quelli che l'hanno conosciuto. E quelli che non l'avevano conosciuto, ma non l'hanno mai dimenticato. Ogni anno sempre di più. Mamma Anita scostava la tenda.
Poi si faceva forza e scendeva. «Grazie. Ma state attenti, ragazzi. State attenti». Lei che ha rifiutato il risarcimento in denaro offerto dagli avvocati di chi le aveva ucciso un figlio. Lei che ha portato quel lutto grande senza odio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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