Nell'aprile 2015, immediatamente dopo quella che a tutti gli effetti appariva una disgrazia, Giuseppe Agrati venne inquadrato come una sorta di eroe. Che cos'è altrimenti un uomo di 64 anni che, nel mezzo di un rogo, nonostante il fumo acre gli riempia i polmoni e il muro di fuoco sembri insormontabile, invece di fuggire e pensare solo alla sua pelle, cerca in ogni modo di portare in salvo le due sorelle maggiori - Carla e Eugenia e Maria Giuseppina, di 70 e 68 anni - mentre le fiamme stanno distruggendo il loro appartamento nel bel mezzo della notte, dopo averli sorpresi tutti e tre nel sonno? L'uomo non riuscì, come raccontò egli stesso, nella sua impresa: le sorelle dormivano al piano di sopra e a un certo punto, per non essere sopraffatto pure lui dal rogo, dovette desistere dal disperato tentativo di trascinarle fuori dalla casa che bruciava. La sua storia, però, non convinse mai i carabinieri del nucleo investigativo di Milano. E oggi, a quattro anni di distanza, scopriamo che Agrati, non solo non è un modello, ma addirittura è accusato di duplice omicidio volontario aggravato: fu lui ad appiccare il fuoco nell'abitazione di via Roma, a Cerro Maggiore, nella notte tra il 12 e il 13 aprile e a lasciar morire le sorelle allo scopo di accaparrarsi l'eredità di un altro fratello, morto pochi mesi prima, senza doverla dividere con loro.
In realtà i carabinieri - che indagano sulla vicenda da quando il fascicolo processuale è arrivato in Procura a Milano, ovvero subito dopo che un nipote delle due donne si oppose alla richiesta di archiviazione della Procura di Busto - non credettero mai a Giuseppe Agrati: la sua ricostruzione dei fatti era sembrata sempre troppo confusa così come il susseguirsi dei fatti che avevano infine portato al rogo. Dalle indagini su quella notte era emerso subito infatti che l'uomo non aveva svegliato le sorelle per avvisarle dell'incendio e indurle in ogni modo a fuggire, come invece si è sempre ostinato a raccontare lui. Anzi, la dinamica degli eventi, la circostanza che lui fosse uscito praticamente indenne dall'incendio, proverebbe l'esatto contrario secondo il gip di Busto Arsizio Piera Bossi, che ha emesso l'ordinanza di custodia cautelare in carcere per Giuseppe Agrati.
Ripercorrendo il materiale dei carabinieri del nucleo investigativo e dei giudici del fuoco, il gip ha sottolineato «la collocazione dei tre punti d'innesco» assolutamente incompatibile con un fatto accidentale (all'epoca si era parlato di un corto circuito). Il primo innesco venne trovato proprio all'uscita delle camere delle sorelle, il secondo accanto al portone principale, il terzo nei pressi del portone che dava nell cortile interno. «Agrati non solo non ha svegliato le sorelle, ma ha anche ritardato quanto più possibile di dare l'allarme» ha scritto il gip.
Quindi era arrivata la memoria scritta dal nipote per segnalare agli inquirenti i dissidi che Giuseppe avrebbe avuto in passato con la sorella Carla. Le indagini proseguirono sentendo altre possibili persone informate sui fatti, e con il sequestro di alcuni farmaci e un pc di Agrati, infine analizzando i suoi movimenti bancari.
Il resto lo hanno fatto le intercettazioni. Che con frasi come «i miei soldi», sottolineano come i sentimenti dell'arrestato verso la sorella Carla (poi convogliati verso il nipote) da tempo fossero tutt'altro che amorevoli.
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