Viviana Persiani
In Valtellina esiste, ormai da tanti anni, la più grande area terrazzata d'Italia, a vite e non. Proprio una decina di giorni fa, questa zona ha ottenuto l'ambito riconoscimento da parte dell'Unesco quale «Patrimonio Immateriale dell'Umanità».
«L'arte dei muretti a secco»: è questa è l'attività caratteristica che ha consentito ai vigneti valtellinesi di salire alla ribalta e all'attenzione del grande pubblico nei giorni scorsi.
E di vera e propria arte si tratta, in quanto l'immane lavoro svolto dai nostri avi nel corso degli anni ha portato delle caratteristiche uniche al paesaggio valtellinese, con il reticolo dei muretti a secco in estrema pendenza, ben allineati e ordinati, uno «spettacolo» per gli occhi che ora, con sempre maggiore orgoglio, la Valtellina potrà proporre a quanti vorranno scoprire e approfondire le peculiarità della viticoltura in zona. Si è calcolato che, unendo linearmente tutti i muretti a secco che sostengono i vigneti in Valtellina, si possa raggiungere la lunghezza di 2.500 chilometri. La Casa Vinicola Pietro Nera e l'Azienda Agricola Caven possono vantare ben 35 ettari di vigneti di proprietà, dislocati nelle zone a maggiore vocazione per la produzione dei Valtellina Superiore Docg (Inferno in primis, ma anche Sassella, Grumello e Valgella). Una buona parte di questi terrazzamenti «estremi», quindi, dove in alcune zone la pendenza supera il 65-70% , obbligando l'uomo a coltivare e lavorare la vigna solamente con le mani, senza l'ausilio di nessun mezzo meccanico, ovviamente con sacrifici enormi.
Basti pensare che, in Valtellina, sono necessarie tra le 1.000 e le 1.200 ore di lavoro annuo per ettaro di vigneto, ciò vuol dire - mediamente - quattro volte più ore rispetto a zone dove è presente una viticoltura di pianura o di collina. Il risultato di questi enormi sacrifici è comunque di grande qualità: rese naturalmente basse fanno sì che i «Nebbioli di montagna», come sono stati ribattezzati in Valtellina, siano dei vini con caratteristiche di grande finezza ed eleganza. Vini sinceri, come le genti di questa valle, austeri come la maestosità delle montagne che la circondano, nobili come il Nebbiolo, uno dei vitigni più pregiati e apprezzati in tutto il mondo.
I vigneti coltivati a Nebbiolo, rispetto a molte altre varietà, richiedono, oltre a una maggiore e più puntuale gestione della vegetazione, anche dai 35 ai 40 giorni in più di lavorazione sul campo. Il Nebbiolo «Chiavennasca» non è di certo un vitigno di facile gestione, soprattutto perché il territorio valtellinese non si presta proprio alla coltivazione della vite.
«In Valtellina - spiega l'enologo-agronomo Stefano Nera - coltiviamo, al 100%, Nebbiolo Chiavennasca. Ora si stanno sperimentando dei vitigni più resistenti, che richiedono meno trattamenti, ma dal mio punto di vista, è meglio puntare su un prodotto di qualità, sostenibile, ma anche sicuro in termini di salubrità. Le peculiarità del Nebbiolo? È un gran vitigno dal quale nascono vini importanti e di carattere - aggiunge Nera - Dopo un lungo affinamento, il Nebbiolo restituisce eleganza, con profumi floreali; molto sapido, con tannini dolci amari; secondo me è molto adatto ad accompagnare sia piatti di carne, sia di pesce, in sostituzione dei barricati che, invece, invadono con il loro sapore di legno».
Dal Nebbiolo, nascono in Valtellina altri vini. Oltre allo Sforzato, la Casa Vinicola Nera produce i vini delle sottozone: «Merita di certo attenzione il Grumello, dal colore rosso rubino.
O l'Inferno che per disposizione del disciplinare deve invecchiare per un minimo di 24 mesi di cui almeno 12 in botti di rovere prima di essere messo in commercio».Infine, non dimenticchiamo il Sassella e il Valgella, anch'essi ottimi prodotti che vanno a completare la proposta dei Valtellina Superiore Docg.
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