Rossella O'Hara docet: basta il pensiero e la classe che viene da quella dignità che la povertà più della ricchezza insegna. Allo scarseggiar della pecunia, per regalarsi un bell'abito basta staccare il festone delle tende in velluto verde, mani, ago e filo, e zot! , l'abito perfetto per incontrare Reth è pronto. Cosa significa? Significa che tutte le corse per la ricerca del dono natalizio, considerati i climi da dopoguerra che impallinano contanti e carte di credito, smunti come davanti a un plotone d'esecuzione, potrebbero terminare: è sufficiente fare l'acquisto a casa propria, acquistandoci in classe.
Non parliamo di riciclo, quel costume che smutanda i doni ricevuti, li reimpacchetta e li rifila a qualcuno magari anche antipatico, volgar costume che nel Natale dell'anno scorso ha raggiunto un valore complessivo di 800 milioni di euro. Non consigliamo al lettore di sbarazzarsi del berretto stile igloo ricevuto dalla vicina e rigirato alla cuginetta fashion con una certa perversa soddisfazione. Parliamo invece di riscoprire l'eleganza nostalgica della strenna natalizia scelta tra gli oggetti personali, per un omaggio che non brilla di cifre a sei zeri o di smalto nuovo fiammante, ma risplende invece della carezza più preziosa che possiamo fare: il pensiero.
«L'oggetto scelto tra le cose che ci stanno più a cuore, è il più bello», commenta il principe Carlo Giovannelli. «Riciclare i regali è imbarazzante; presentare all'amica una cosa propria, un anello, un libro, un oggetto di casa, è un gesto che porta in sè un valore maggiore dei doni nuovi e costosi che purtroppo siamo abituati a fare». Il consumismo non è di bon ton, soprattutto per Natale: il calore del momento pretende un momento di calore. Se il 71% degli italiani sta ravattando nei centri commerciali, il 33% nei negozietti di quartiere, il 26% in internet e il 24% nei mercatini, ci auguriamo che vi sia almeno qualcuno che invece rinunci al quadretto con l'angelo comperato a Stoccolma, oppure alla collana di cristallo di rocca trovata in India, al libro di fiabe che il figlio leggeva quando era bambino, al giochino del gatto per donarlo agli amici più cari o al quattrozampe della simpatica dirimpettaia.
E' il consumismo che ci spinge al riciclo e ci fa perdere l'arte più rara del dono: meditarlo con amore e affetto. «La novità di una cosa non è il suo valore, anzi è un disvalore. Lo sa un produttore di vino: il miglior modo per far contento un amico è presentargli una bottiglia invecchiata. A un'amica che si sposava regalai un portamiele a forma d'ape. Tutt'ora mi dice che è il presente più importante ricevuto al suo matrimonio, perché si sentiva che era stato pensato» conclude il principe Giovannelli.
Alla generazione che sfodera il personal shopper per andare alla ricerca della cosa originale rispondiamo: tieni solo il «personal», perché l'oggetto prescelto nella lista del corredo privato che ci circonda, e che per molti non è certo povero visto che siamo in tanti ad avere in casa un bazar di proposte, è davvero il regalo del cuore. Una delle lontane foto di classe incorniciata nell'ovale d'argento lasciatoci dalla nonna sa di letizia come un vecchio pastore del presepe, prezioso volto del bambino che nasce.
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