Spirano venti di guerra in Galleria e in Comune, di sicuro, si discute, magari a mezza bocca, ma il bubbone è scoppiato. La colpa è di Francesco Moreschi, responsabile marketing e comunicazione del famoso brand di calzature, fondato dal nonno Mario nel 1946, a Vigevano.
Non le va giù che Yves Saint Laurent abbia vinto l'asta per 82 metri quadrati di negozio in Galleria?
«Per niente. Sono in battaglia. Faremo ricorso al Tar, i miei avvocati stanno studiando le carte, abbiamo due mesi di tempo».
Ma Moreschi ha bisogno di una vetrina in Galleria?
«Vendiamo scarpe a Milano dagli anni 60. Abbiamo un negozio in corso Venezia che marcia bene, ma la Galleria è luogo simbolo delle eccellenze italiane. È una vergogna che quel negozio, metratura perfetta per le calzature, finisca per ben 18 anni nelle mani di una società francese. Il sindaco Sala e la Giunta avevano messo al centro la valorizzazione dei marchi italiani. Ma dico: se non accetti McDonald's, che può pagare alla grande, e apri a Cracco e altri nomi della ristorazione italiana, poi con la moda cedi allo straniero? Pizze e cotolette contano più di scarpe e cinture?».
Saint Laurent offre un milione di euro all'anno, bei soldini per il Comune, dunque per la collettività. Non crede?
«Se il bando avesse favorito solo l'aspetto economico, andrebbe bene. Ma non è così. La base d'asta era 130mila euro, noi ne abbiamo offerti 402mila, quasi il triplo. Siamo secondi in graduatoria. Il terzo è Luxottica, poi hanno partecipato Damiani gioielli e Nara camicie, che attualmente occupa lo spazio in assegnazione, e altri brand nazionali. Non saremo gli unici a ricorrere. Saint Laurent ha partecipato all'asta presentato da una società italiana, forse sta lì il punto. Studieremo per bene le carte. Ma il bando ci dà ragione, basta leggerlo, è pubblico».
Si spieghi meglio.
«Le recito le righe a salvaguardia dei marchi italiani, scritte nella parte tecnica. Dicono così: l'attività proposta dovrà essere altamente qualificata e, preferibilmente, dovrà far sì che il negozio costituisca una vetrina dell'eccellenza italiana. In tal modo il prodotto a marchio italiano troverà la sua massima valorizzazione in un luogo simbolo della città e parte integrante del patrimonio storico culturale italiano. Le sembra che Saint Laurent abbia queste caratteristiche?».
No. Ma un milione di euro fanno svanire anche le migliori intenzioni, non crede?
«Ripeto, basta essere chiari. Si vuole far cassa? Scrivetelo, invece di illudere chi come noi tanto fa per tenere alto il nome dell'Italia con il lavoro. In Galleria il turista avrebbe avuto modo di notare la presenza di un marchio storico nazionale. Non credo che all'estero si apra così facilmente allo straniero il cuore delle città».
Ha avuto telefonate di solidarietà? Da qualche politico? O dallo stesso Comune?
«Non è il mio mondo. Ho sentito colleghi del commercio, sorpresi perché basta aprire il portafoglio per arrivare nel centro di Milano, senza riguardi per chi qui lavora da sempre. Spero che la ragione alla fine trionfi».
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