Ora il verde lo curano i «giardinieri acrobati»

Luca Pavanel

Essere giardinieri oggi può davvero essere tutta un'altra cosa. Non si può ancora dire addio alla carriola che trasporta gli attrezzi e all'uomo che spinge faticosamente, perché in chissà quanti luoghi verdi - probabilmente la stragrande maggioranza - l'armamentario tradizionale continua ad avere il suo bel perché: falce, annaffiatoio, vanga e rastrello. Ma sicuramente vista la modernità che tutto investe e nulla dimentica, ci sono da aggiornare certe vecchie convinzioni, anche quelle rispetto a un antico mestiere che si pensava come un qualcosa, è il caso di dirlo, di «molto terreno». Già, proprio così.

Per rendersene conto ieri, dalle parti del cosiddetto «Bosco Verticale» - il complesso di palazzi residenziali a torre progettato dall'architetto Boeri & Co. ai margini del quartiere Isola - bastava guardare all'insù un attimo soltanto, per ammirare i «nuovi giardinieri» all'opera. Anzi, senza la paura di esagerare, si potrebbe dire «giardinieri-acrobati» o «volanti». Sospesi nel vuoto, attaccati alle funi, imbragati come scalatori e con in mano dei forbicioni, intenti a lavorare sulle piante dei piani alti se non altissimi. Roba da vertigini.

Insomma, al di là del fascino delle operazioni di potatura «ad alta quota», che ha intrattenuto fotografi, curiosi e turisti, vien da dire che ormai diversi mestieri richiedono più abilità. E in questo caso un bel corso di alpinismo, perché no, potrebbe anche non guastare.

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