In comune avevano Napoli come riferimento sia biografico sia poetico. Per il resto Eduardo De Filippo e Annibale Ruccello - gli autori dei due testi in cartellone al Piccolo, rispettivamente La grande magia allo Strehler fino al 6 dicembre e Anna Cappelli allo Studio dal 27 novembre al 2 dicembre - vantavano più differenze che affinità. In Eduardo la realtà è filtrata da un'amara ma pur sempre istrionica illusione, e per questo il suo teatro piaceva a Giorgio Strehler che non a caso portò al successo La grande magia nel 1985 affidando a Franco Parenti ed Eleonora Brigliadori i ruoli dei protagonisti.
Ora la commedia che debuttò nel 1949, e fu accolta freddamente dalla critica per il suo presunto pirandellismo, viene rappresentata sul palcoscenico intitolato proprio al grande regista milanese. A dirigerla questa volta è Luca De Filippo che, nella storia di un marito raggirato dalla moglie grazie al trucco di un mago da baraccone, scorge la metafora di «una nazione, la nostra, che si è lasciata scivolare in un insensato autoinganno». Nei testi di Ruccello invece la realtà si affaccia attraverso lo sguardo crudo ed esasperato dei personaggi, che sono sempre dei disillusi e degli emarginati, com'è in fondo anche la protagonista del monologo in scena da mercoledì allo Studio. Anna Cappelli - interpretata da una delle più brave attrici italiane, Maria Paiato, diretta da Pierpaolo Sepe - è un'impiegata comunale che corona il suo sogno di felicità andando a vivere col collega ragioniere: dopo due anni di tormentosa relazione però l'uomo la caccia di casa e le annuncia che si trasferirà in Sicilia. Anna allora uccide il compagno e, in preda a un lucido furore, divora il suo cadavere. Anna Cappelli è stato scritto nel 1986, poco prima che il suo autore, appena trentenne, morisse in un incidente stradale.
L'attenzione al contesto sociologico, l'indagine sulla morbosità sentimentale, la denuncia dei falsi miti su cui si impernia la cultura di massa caratterizzano tutte le pièce di questo autore potente e sofisticato, in grado di descrivere la brutalità con spiazzante eleganza.
Nell'allestimento di Sepe, attraversato da una tensione dal sapore hitchcockiano, Anna Cappelli diventa «un noir nel quale l'assassino è la sottocultura piccolo-borghese e l'affermarsi di principi capaci di alterare le nostre nature, le nostre coscienze, le nostre azioni e i nostri destini».
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