Si ritorna ai «Padri». Questo il titolo del primo volume di narrativa di Marco Pogliani, storico e «comunicatore», come egli stesso si definisce, che edita con Mondadori. Copertina: un padre in motocicletta con un bambino, che fa venire in mente quel mitico Carosello in cui un genitore con il figlioletto sulla bicicletta canta: «Si re, si re, si mi si mi, si fa così è così facile», pubblicità di un'assicurazione che appunto come un padre pensa a te. Ma la generazione cinquantenne, quella di Pogliani, nato il 6 marzo 1957, ora pensa ai figli in modo diverso e non è facile: l'assicurazione non è un gruzzolo in denaro ma un vademecum di saggezza che l'autore estrae dallo zaino della sua stirpe, cominciando dal nonno Giuseppe che aveva un laboratorio di «Confezione Tomaje», «Fratelli Ceruti», generatore di sedici ragazzi, tra cui Mario, padre di Marco.
«Oggi c'è bisogno di paternità - racconta il neoscrittore -, di uomini che sappiano dire un «no». Si sente la necessità di scavare nella terra per trovare le radici. I nostri ragazzi hanno paura del passato. Questo libro è un viaggio nel passato per il futuro delle nuove generazioni». In una vita «precedente», altra sua espressione, Marco Pogliani è stato uno storico, specialista di storia medioevale milanese dal XII al XIII secolo. Poi la comunicazione in grandi aziende: IBM, Olivetti, Mondadori, Enel. Comunicare significa far correre da un luogo all'altro il presente, scrivere invece vuol dire arrotolare in un luogo, un luogo soltanto, la scrittura, utero di vita per maschi e femmine, il filo di esistenze che non sono più ma che pulsano in noi. Significa non fare la storia, ma fondare il mito. «Padri» è in un certo senso il mito dell'essenzialità di Milano, persino nello stile, fatto di parole continuamente interrotte da punti, come i telegrammi di un tempo.
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