A Porta Nuova il festival del documentario

Dal 5 ottobre proiezione gratuita di 30 opere internazionali, con anteprime e incontri

Stefano Giani

Il fascino indiscreto del documentario ha il sapore del racconto. Come un film di finzione che getti l'ancora sui fatti. E li illustri con dovizia di dettagli ma, al tempo stesso, fuor da paludata didattica. Fusione di generi, insomma. Il risultato è lì da vedere. All'Unicredit pavilion, dal 5 al 9 ottobre, una raffica di oltre trenta opere delle quali 8 fuori concorso, 9 in anteprima e 14 in competizione compongono il programma del festival «Visioni dal mondo Immagini dalla realtà», alla seconda edizione dopo il successo del 2015. Ma non solo film. Anche lezioni - che oggi si chiamano master class - e la vetrina dei nuovi talenti per gli occhi degli addetti ai lavori. Accanto alla passerella c'è lo show business. E non è un caso se ad organizzare la rassegna c'è il più autorevole gruppo bancario italiano affiancato da Rai, Comune di Milano, Lombardia film commission, Italo, Expo e il ministero dello Siluppo economico. Le proiezioni non peseranno sulle tasche degli appassionati. Ingressi gratis fino a esaurimento posti nel teatro di piazza Gae Aulenti. Tra gli ospiti più attesi ci sono Hugh Hudson e Maryam D'Abo, marito e moglie nonché regista e produttrice di «Rupture: living with my broken brain»; in cui la splendida ex bond girl di «Zona pericolo» racconta la sua storia di donna colpita da un'emorragia cerebrale nel 2007 - a 47 anni - e ora guarita. Il film spiega i meccanismi del cervello e come convivere e sconfiggere il male, offrendo una speranza a chi ha avuto un simile drammatico destino. La coppia sarà presente alla proiezione che si inserisce nella sezione «Panorama internazionale» in cui spicca «Why I'm not on facebook» di Brant Pinvidic che punta il dito sui vizi privati e le pubbliche virtù di uno dei social più diffusi al mondo e detestati dal regista. Il titolo è vagamente autobiografico e Pinvidic è tra i pochi rimasti a non far parte della comunità di Zuckerberg. Tra le opere in concorso nell'ambito «Storie dal mondo contemporaneo» spiccano i grandi temi dell'attualità. L'immigrazione, esaminata nella figura di un giovane del Ghana, arrivato in Europa in «A seafish from Africa. Il mio amico Banda» di Giulio Filippo Giunti. La mafia agrigentina in «Ero Malerba» di Toni Trupia. La tutor degli handicappati in «Io, assistente sessuale» di Stefano Ferrari che punta l'obiettivo sul piacere di chi ha gravi gap fisici o mentali nella figura della 26enne benefattrice Claire. I problemi della scuola pubblica ne «L'estate che verrà» di Claudia Cipriani. L'infertilità degli animali in «Lunàdigas» di Nicoletta Nesler e Marilisa Piga. E naturalmente i problemi legati al gender in «My nature» di Massimiliano Ferrara e Gianluca Loffredo che raccontano la storia di Simone, decisamente maschio ma dalla conformazione sessuale femminile. Oltre ai problemi del Viagra in «Viagra chronicles» di Chiara Sambuchi, solo per citare alcuni fra i titoli in gara. Importanti anche gli omaggi con la mini retrospettiva su Pietro Marcello e la proiezione di «Bella e perduta», passato a Locarno un anno fa e apparso fugacemente e ingiustamente nelle sale italiane. È una storia poetica che merita molto più di un cenno e di cui si consiglia la visione.

Fuori concorso anche «Il risarcimento» di Gianni Beretta e Patrick Soergel su monsignor Oscar Arnulfo Romero, l'arcivescovo di San Salvador, assassinato nel 1980 dagli squadroni della morte mentre officiava la messa e celebrato magistralmente già da Oliver Stone in «Salvador» del 1986.

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