Il quadro dimenticato dallo stanzino al Quirinale

Snobbato da Palazzo Marino, è stato richiesto da Mattarella A Milano era relegato in una sala riunioni mai utilizzata

É un quadro affascinante, perché di entrambi i protagonisti offre un'immagine insolita: sulla sinistra c'è un Garibaldi vecchio e malconcio, appoggiato a due bastoni; Vittorio Emanuele è in abiti borghesi, e sembra più un possidente di provincia che il primo Re d'Italia. I milanesi non lo hanno mai visto, perché al Museo del Risorgimento non aveva trovato spazio nel percorso espositivo: e così se ne stava in una saletta chiusa al pubblico, il cosiddetto «Salotto Garibaldino», una sala riunioni dove di riunioni in realtà non se ne facevano. Ma quegli stessi milanesi che per anni lo hanno solo sfiorato potranno trovarselo ora davanti quando scenderanno a Roma, e potranno visitare le nuove sale del Quirinale che il presidente Sergio Mattarella ha voluto aprire al pubblico. E vederlo sarà un gioco di rifrazioni, perché è stato collocato nella stessa sala dove si svolse l'incontro tra il generale guerrigliero e il re sabaudo, e che fa da sfondo al quadro di Gerolamo Induno.

La settimana scorsa, il Comune di Milano ha deciso di spossessarsi del quadro a favore del Quirinale. Con una delibera di giunta, Palazzo Marino ha stabilito di cedere «in comodato», ovvero di prestare gratis, il quadro alla Presidenza della Repubblica: inizialmente la durata del prestito è fissata in cinque anni ma è facile prevedere che da provvisorio il prestito diverrà definitivo, non avendo molto senso togliere il quadro dal risalto e dal prestigio della collocazione romana per tornare a nasconderlo a Milano. D'altronde di capolavori imboscati nelle cantine e negli uffici sono pieni i musei milanesi, e se talvolta uno di essi trova la strada per tornare alla luce non c'è che da rallegrarsi.

La delibera della giunta è stata l'ultimo passaggio di una trattativa che durava da tempo tra Palazzo Marino e il Colle, iniziata già sotto la presidenza di Napolitano e passata al vaglio sia del ministero dei Beni Culturali che della soprintendenza milanese. Appena incassato il via libera formale, il conservatore del Museo del Risorgimento Ilaria De Palma ha fatto scattare l'operazione trasloco: affidato a una ditta specializzata, ma il conservatore ha voluto accompagnare personalmente il quadro nel suo viaggio verso la Capitale. «Non è stato un trasferimento complesso - spiega la De Palma - anche perché l'opera è in buono stato di conservazione, essendo stata restaurata nel 2011 quando venne prestata per alcuni mesi alla presidenza della Repubblica in occasione del 150esimo anniversario dell'Unità».

Anche se a guardarne le riproduzioni lo si immagina assai grande, il quadro di Induno è in realtà minuscolo, una ricostruzione quasi intima della scena del faccia a faccia tra Garibaldi e il Re. Siamo assai lontani, d'altronde, dai fasti patriottici del primo incontro tra i due protagonisti del Risorgimento, quello stradipinto (un evento mediatico ante litteram , si potrebbe dire) di Teano, i due uomini a cavallo nella pienezza della loro epopea. Quindici anni dopo, Garibaldi è un guerriero in disarmo, deputato del Regno, ormai sul crinale dei suoi anni: ma all'incontro col Re si presenta col poncho.

Morirà sette anni dopo, a Caprera.

Che a Milano il quadro di Induno non abbia avuto l'onore del pubblico, è comunque bizzarro: perché racconta la parabola dell'Eroe dei due Mondi meglio del tronfio monumento equestre di largo Cairoli.

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