Salvini lascia il Consiglio Entra Abbiati: 32 anni, tutto Lega, moto e orto

Il leader leghista dà le dimissioni in Comune (dove spera sempre di tornare da sindaco)

Alberto Giannoni

Esce «il Capitano», entra Gabriele Abbiati. È il giorno del cambio nella squadra della Lega in Comune. Al sesto mandato, Matteo Salvini lascia Palazzo Marino per dedicarsi al ministero e al partito (anche se il suo sogno da sempre è fare il sindaco). Al suo posto il primo dei non eletti: Gabriele Abbiati, 530 preferenze nel 2016. Salvini ha consegnato personalmente la lettera al Comune. E la domanda con cui tutti più o meno tormentavano Abbiati da un paio di anni, ha avuto risposta. «Il passaggio era stato deciso - racconta - delle dimissioni poi ho saputo stamani (ieri, ndr). Ha voluto protocollarle lui, Matteo ci tiene tantissimo al Comune, e voleva rispettare l'istituzione che adora. L'ho saputo da un suo collaboratore, lui mi aveva accennato l'intenzione di farlo l'ultima volta che ci siamo visti».

Salvini è uno sfegatato milanista. Adesso tocca a Gabriele: 32 anni, interista, milanese «da generazioni». Ha un orto e alberi da frutta al lago e li cura personalmente per passione. Conosce Salvini da 15 anni, ha trascorso da militante metà della sua vita, si occupa di urbanistica, cultura, sport. È stato per 5 anni consigliere di zona 9, per cui conosce bene ogni singola strada di quella «fetta» di Milano. Ha vissuto a Dergano e Affori, scuole a Bruzzano, pomeriggi in Comasina, liceo a Niguarda. «Preferisco occuparmi dei problemi, piuttosto che gridarli», dice di sé. Condivide in tutto e per tutto l'idea che il vice commissario Stefano Bolognini ha delineato per la Lega di Milano: un partito che non si occupi solo di sicurezza ma anche della Milano produttiva del commercio e dei servizi. «Questa città ha certamente un problema di sicurezza - dice affacciato dal suo ufficio al Pirellone, dove lavora al gruppo del Carroccio - ci sono tanti temi. Per esempio gli scali ferroviari o la viabilità, temi importanti che meritano di stare sotto i riflettori». Dalle finestre si vede la stazione. «Sala mettendo gli alberi pensava di risolvere i problemi, non mi sembra che sia accaduto». Fra le questioni di cui occuparsi, gli scali ferroviari: «Farini, ma anche gli altri. Porta Romana, che potrebbe ricucire uno spaccato nel tessuto urbano della città». «Ci sono un sacco di partite aperte, alcune le ho iniziate da consigliere di Zona e le riprenderò in mano. Il mio numero è sempre lo stesso, quello dei volantini, ce l'hanno tutti. Sono a disposizione per il bene della città. Mi ha appena scritto un'elettrice di Rifondazione: Meno male, qualcuno che si occupa dei problemi senza giocare al piccolo politico!, queste cose sono importanti». Poca faziosità, molto lavoro. Il sindaco Beppe Sala, Abbiati lo boccia ma senza bisogno di ricorrere all'invettiva: «Mi pare che abbia poca visione. Come Pisapia ha trovato una città in via di evoluzione, a loro hanno lasciato come compito quello di tagliare nastri. Questi cambiamenti arrivano dal passato ma oggi manca un'idea di sviluppo». Idee poche, insomma. «...a parte le Olimpiadi, dove c'è la Regione con Attilio Fontana, ed Ema che fu una scelta di Roberto Maroni. Sala lo rispetto ma alcuni dei suoi sono impreparati per le loro deleghe, altri ideologizzati». Abbiati è nella Lega da quando era un ragazzino e ne ha seguito la svolta, da partito del nord a partito della destra italiana. «Io sono entrato da piccolo, non c'era stata questa evoluzione, che sento mia. I temi del federalismo sono fondamentali. L'autonomia ci permetterebbe di avere più risorse». A Milano il traguardo sono le comunali 2021. La Lega è pronta.

«Siamo in 4, il gruppo resterà questo, Morelli e Bastoni sono presenti e attivi, come Laura Molteni. Sono contento». E l'alleanza con Fi non si discute: «In Regione il centrodestra lavora bene, credo che non ci sia alcun dubbio, anche se non decido io».

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