Cronaca locale

Scala, 240 anni di immagini tra bombe e grandi successi

«La magnifica fabbrica» celebra la storia del teatro Volti e personaggi che lo hanno aiutato a crescere

Scala, 240 anni di immagini tra bombe e grandi successi

Il Teatro alla Scala compie 240 anni. Li festeggia con una mostra curata da Fulvio Irace e Pierluigi Panza, al via da oggi al 30 aprile al museo scaligero. La Magnifica Fabbrica esplora la storia del teatro - e della città che lo ha generato - attraverso ampie pagine di libri che scorrono lungo le pareti, due docufilm e trenta leggii, ognuno dei quali narra un pezzo emblematico di storia. Stretta al cuore, immancabile, quando scorrono le immagini della Scala bombardata, poi ecco la figura febbrile di Arturo Toscanini che dirige il concerto della riapertura (per la quale contribuì staccando un assegno molto generoso). E chi più ricordava piazza Scala anni Sessanta, adibita a parcheggio di bus tondeggianti? Orrore per il nostro occhio moderno. Una maquette nel Ridotto dei palchi visualizza la sezione completa dell'edificio in scala con innovazioni e trasformazioni attraverso i progetti di Mario Botta. Perché è l'architetto ticinese la firma dell'ultima metamorfosi della Scala, fu lui tra il 2002 e il 2004 a rinnovare e riscrivere la silhouette del teatro. E sarà Botta a condurre i lavori che partiranno a primavera 2019 - chiusura prevista per il 2022 - per aggiungere una nuova palazzina, attigua all'edificio. Lungo via Verdi spunterà un nuovo stabile con una torre di 38 metri con sbalzo in omaggio alla Velasca. Ospiterà uffici, la sala per i ballerini e una per l'orchestra che finalmente potrà provare e incidere in uno spazio perfettamente congegnato. Si scaverà 18 metri sotto il suolo ricavando 6 piani sotterranei e 11 fuori terra.

Anche il retropalco sarà ampliato raggiungendo una profondità di 70 metri e soprattutto più spazio di movimento alla sua destra. Saranno consentiti ulteriori movimenti scenici. Anzi «potranno entrare anche gli elefanti», scherza Botta, un po' meno il sovrintendente Alexander Pereira, alle prese con le ansie degli animalisti che hanno bocciato la presenza di cavalli in scena nell'Attila, opera di apertura.

Botta ricorda come sia inevitabile che i teatri si modifichino nel tempo, «devono rispondere alle tecnologie di oggi, utilizzare al meglio gli spazi limitando i costi. Cosa rimane? Rimane la memoria. Oggi tanti nuovi teatri hanno le sembianze di lunapark ma non è il caso dei teatri d'Europa». E in particolare della Scala, un po' araba fenice e un po' camaleonte. Sempre rinata, più forte di prima, dalle ceneri e via via mutata per stare al passo coi tempi. Quello che oggi identifichiamo come il Piermarini, mantiene ben poco dell'edifico disegnato dall'architetto Piermarini. Una fabbrica in continuo fermento, un cantiere senza posa: dentro e fuori. A proposito di «dentro», Pereira anticipa che si provvederà a migliorare la resa acustica, «al momento un po' secca». Si lavorerà nei palchi. «La Scala è una macchina per incantesimi che ha bisogno di potenziare i suoi meccanismi per poter perpetuare l'incanto dello stupore sul pubblico», dice Irace.

Facendo i conti con le spade di Damocle che pendono inesorabili nel nome di buon gusto, spirito cattolico, rispetto degli animali e fasce protette.

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