Cronaca locale

La Scala torna a incidere con Barenboim e Verdi

Scala dai grandi numeri, celebrazioni e ricorrenze quella che va in scena in questi giorni. Si parte dalla tournée in Giappone appena conclusa: venti spettacoli, tutti sold out, seguiti da 53mila spettatori. Stasera, ore 20, con un Gala degli allievi della scuola di ballo dell'Accademia del Teatro alla Scala, si celebra il bicentenario di questa compagnia-bottega che, nata nel 1813, non poté che fregiarsi dell'appellativo «Reale». Ricorrenza che si incrocia con il centenario del Museo teatrale e la mostra (titolo: «1913-2013. Un tesoro centenario») in corso da lunedì prossimo.
E infine, dopo anni di assenza dal mercato discografico, il Teatro alla Scala si presenta con un cd e dvd Decca. Daniel Barenboim, un quartetto di solisti di lusso (Kaufmann, Pape, Harterios, Garanca), Coro e Orchestra scaligeri offrono il Requiem di Verdi, quello proposto live alla Scala nell'agosto 2012. Certo, quest'incisione è un fiore nel deserto. Viene dopo anni di silenzio discografico del Teatro. E neppure vi sono progetti futuri, considerato che, dopo la nomina del nuovo sovrintendente, ci sarà un cambio anche al timone dell'orchestra.
Barenboim ha diretto il Requiem con diverse orchestre, ma nella memoria è ben presente «il primo, con Pavarotti che mi aprì gli occhi su tanti aspetti della musica di Verdi». Barenboim è poi convinto che, nonostante Verdi fosse un uomo istintivamente votato all'opera, tanto che ci si chiede se il Requiem sia un'opera teatrale, «non guarda alla morte con gli occhi del teatro, è la creazione di un pezzo umano ancor prima che religioso. Questa Messa esprime gli stati d'animo pensando alla morte. Che è la cosa più democratica del mondo, capita a tutti senza distinzione».
Barenboim, uomo-vulcano, passaporto israeliano e palestinese, confessa di non pensare «a quanto tempo mi rimane, quello della morte è un pensiero che viene inaspettato. Piuttosto, penso a cosa non voglio più fare». Probabilmente continuerà a dire la sua su quanto si agita in quell'eterna polveriera che è certo Medioriente. «Sono contento che ora ci sia la possibilità di evitare un'azione militare. Però è una situazione pericolosa, vista con un eccessivo ottimismo dall'Occidente e con troppi interessi personali dalla Russia. Il crollo del muro di Berlino ha dato libertà a milioni di persone, ma allo stesso tempo ha rotto l'equilibrio che c'era fra Usa e URSS.

Sono convinto che l'11 settembre americano non si sarebbe verificato se il muro di Berlino non fosse stato abbattuto».

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