"Le scuole non amplificano la diffusione del Covid"

Il primario di Pediatria del Buzzi: "I dati scientifici dicono che la variante ha impatto minore sui bimbi"

"Le scuole non amplificano la diffusione del Covid"

Gian Vincenzo Zuccotti, direttore Pediatria e Pronto soccorso dell'ospedale dei Bambini Buzzi e preside della facoltà di Medicina della Statale, scuole elementari e la prima media riaperte senza screening.

«Credo sarebbe stato meglio fare qualcosa».

Come Statale avete fatto degli screening...

«Con il mio team di ricerca abbiamo portato avanti un'indagine con il test sierologico pungidito per vedere quanti bambini fossero entrati in contatto con il Coronavirus: 15 le scuole di Milano che hanno aderito, 3mila gli studenti tra i 3 e i 18 anni coinvolti»

Cosa è emerso?

«Abbiamo scattato una prima fotografia a settembre da cui è emerso che il 3 per cento degli studenti aveva sviluppato gli anticorpi, una seconda a dicembre con la seconda ondata e abbiamo rilevato il 13 per cento. La settimana prossima il terzo momento di test, a un mese dalla terza ondata».

Quali conclusioni?

«A breve invieremo il nostro studio a una rivista scientifica, ma le prime conclusioni dicono che la scuola non amplifica la trasmissione dei contagi, ma riflette solo quello che avviene nella popolazione».

Una conclusione di straordinaria importanza...

«Sì, se si pensa che non ci sono tantissimi dati in letteratura che hanno seguito questa coorte di bambini, sulle tre ondate soprattutto».

Il caso Bollate con 59 contagi tra bambini, educatori e famiglie, cosa insegna?

«Per consolidare i dati scientifici finora raccolti e su richiesta del sindaco di Bollate, la prossima settimana esamineremo tutti gli alunni che aderiranno al tampone salivare molecolare che si presenta sotto forma di lecca lecca, ma che ha una sensibilità pari a un tampone nasofaringeo. Si tiene in bocca un minuto, poi si chiude e si consegna al laboratorio. Lunedì partiremo con l'indagine a tappeto e nel giro di due giorni avremo i dati sulla popolazione scolastica di Bollate, con un focus su tre classi che saranno monitorate ogni settimana fino a giugno».

Obiettivo?

«Isolare eventuali positivi, osservare l'andamento dei contagi per capire come comportarci a settembre con le scuole».

E magari sfatare il mito della variante?

«Avremo dei dati oggettivi per confermare quanto osservato: tra settembre e dicembre il tasso di contagio della popolazione scolastica è salito dal 3 al 13 per cento, quindi prima dell'arrivo della variante. Vedremo i nuovi dati, ma la fotografia che abbiamo ci permette già di dire che la scuola non è amplificatore di contagio. Ripeto: i bambini contagiano e si ammalano, ma in modo meno importante degli adulti».

E la sindrome di Kawasaki nella prima ondata?

«La sindrome multi-infiammatoria sistemica, la Mis-C, compare dopo 4 settimane dall'infezione Covid. Nella seconda ondata avevamo il triplo di casi di Mis-C della prima, mentre la terza nessuno: la variante circola di più, ma ha minore impatto sui bambini».

Perché non utilizzare il test salivare molecolare per uno screening sulle scuole?

«Il test, benché affidabile al 94%, permette di rilevare anche i soggetti asintomatici o pre-sintomatici: economico e veloce, in Italia non è stato equiparato al tampone nasofaringeo. Non può essere utilizzato come certificazione di fine malattia. Eppure permetterebbe di risolvere una serie di problemi: si potrebbero abbandonare i drive through, si può eseguire a casa o in farmacia, liberando personale utile per le vaccinazioni».

I

vantaggi per le scuole e le famiglie?

«Risolverebbe l'enorme problema della reticenza di molti bambini e, quindi, dei genitori a far eseguire il tampone naso faringeo. Ci sono piccoli che sono rimasti traumatizzati».

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