Sei piccole non bastano Gli islamici ora vogliono la «moschea cattedrale»

Il decano di Segrate: "Serve un luogo grande". L'imam di via Quaranta: "Servono 10 centri"

Sei piccole non bastano Gli islamici ora vogliono la «moschea cattedrale»

Sarà un cammino lungo e incerto quello delle sei moschee di Milano. Lo sanno bene i responsabili dei centri islamici che ieri hanno incontrato il vicesindaco Anna Scavuzzo alla biblioteca Sormani. L'incontro aveva un profilo volutamente basso. Obiettivo annunciato: illustrare il Piano per le attrezzature religiose e fare il punto sul percorso di questo strumento urbanistico comunale. Le aspettative però sono enormi. E il sogno di molti resta la grande moschea. Ieri l'esigenza di un grande luogo simbolico della fede musulmana a Milano è stata ribadita da una figura importante dell'islam milanese, l'imam Abdur Rahman Pasquini, fondatore e decano del centro islamico di Milano e Lombardia, quello che da anni sorge a cavallo fra i Comuni di Milano e Segrate. A margine dell'incontro, Pasquini ha parlato di una «moschea cattedrale». «Milano - ha detto - è una delle due capitali della Repubblica italiana, c'è l'esigenza che abbia un luogo islamico all'altezza di quelli che ci sono in tutte le capitali europee, anche a livello architettonico».

Su questa richiesta, Scavuzzo è stata cauta. «Alcune delle aree individuate, penso soprattutto a via Marignano e all'area di via Novara - ha detto - hanno una media dimensione capace di accogliere anche più persone in una struttura temporanea antistante a quello che sarà il luogo di culto». Ma Scavuzzo, delegata dal sindaco a trattare lo spinosissimo tema dei rapporti con le comunità religiose, ha fatto intendere che Palazzo Marino privilegia più luoghi di culto di piccole dimensioni: «Credo che oggi abbiamo bisogno di rispondere al fatto che ci sono moltissime comunità talvolta anche più piccole e quindi mantenere questa attenzione ci permette di avere una distribuzione che meglio segue e abitudini dei fedeli e dei cittadini».

Quindi la linea di Palazzo Marino, a due anni dall'insediamento della amministrazione comunale guidata da Beppe Sala, è finalmente squadernata e chiara. Nero su bianco. Il sindaco anche su questo fronte ha risposto al ministro dell'Interno Matteo Salvini, che - come noto - da anni fa le barricate contro le moschee a Milano, e ora che si trova al Viminale non intende cambiare idea. Il Comune lo stesso. «Vogliamo fare il massimo del raggiungibile» ha detto ieri Scavuzzo. E Sala, dopo aver cancellato il vecchio piano Majorino-Pisapia, per incardinare un percorso che tiene conto della nuove legge regionale, sembra davvero convinto che Milano debba avere luoghi di culto ufficiali dell'islam. Quanti? Il piano prevede quattro moschee da sanare e altri centri (probabilmente due) da realizzare ex novo. Ma anche sul numero i centri islamici scalpitano. Secondo Mohamed Sharif, della moschea di via Quaranta (una delle strutture che saranno sanate) sei moschee non saranno sufficienti: «Bisogna tenere in considerazione la necessità globale della città - ha detto - la popolazione è molto sparsa e la preghiera cade di venerdì, che non è un giorno festivo. Secondo me ci vorrebbero una decina di luoghi di culto, per dare la possibilità a tutti di andare a pregare senza perdere il lavoro». Lo stesso Pasquini ha confermato l'interesse di Segrate a mettere un piede in città.

In effetti, il piano potrebbe essere anche ritoccato in corso d'opera. I suoi tempi non sono brevissimi. Il piano deve essere varato seguendo l'iter previsto per gli strumenti urbanistici comunali. Deve andare in Consiglio per l'adozione, poi lasciare spazio alle osservazioni, essere approvato, con un passaggio tecnico anche in Regione. E l'assessore Pierfrancesco Maran, presente al vertice, ha spiegato che considera probabile un nuovo intervento regionale che potrebbe complicare tutto: «Tra i vari criteri previsti per i luoghi di culto dalla legge regionale vi è anche quello dell'adeguata distanza tra un luogo di culto preesistente e il nuovo, ma la Regione non ha mai stabilito quale debba essere.

Nella proposta di Piano per le attrezzature religiose noi abbiamo stabilito che i nuovi luoghi di culto debbano trovarsi a una distanza di 100 metri di raggio dai preesistenti, ma accetto scommesse sul fatto che durante l'iter di approvazione la Regione interverrà dando una misura diversa, mettendo così fuori gioco tutti quelli che stanno sotto quella distanza».

AlGia

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