Cronaca locale

Tra sogni e paure. L'ultima notte di Ayrton Senna

A più di vent'anni dalla morte del campione brasiliano di Formula 1 una mostra sulla carriera e sulle ore che hanno preceduto l'incidente in pista

Tra sogni e paure. L'ultima notte di Ayrton Senna

Dopo più di 20 anni le immagini mettono ancora un brivido lungo la schiena: la monoposto che sfreccia ingovernabile a 250 all'ora, la curva del Tamburello inspiegabilmente tirata dritta e lo schianto tremendo sul muro a bordo pista. La vettura divelta, le chiazze di sangue sull'asfalto, l'inconfondibile casco auriverde reclinato nell'abitacolo. Siamo a Imola, domenica 1° maggio 1994, ore 14 e 17 minuti, e milioni di sportivi in tutto il mondo trattengono il respiro: ecco gli ultimi istanti di vita di Ayrton Senna, uno dei piloti più forti e amati di sempre.

Un'esistenza breve, 34 anni appena, ma vissuta con l'acceleratore pigiato sempre al massimo. Specie l'ultimo decennio, passato in giro per il globo a bordo delle F1: Toleman, Lotus, McLaren, Williams, fino al drammatico fine settimana del 14° GP di San Marino, con quell'ultima notte, trascorsa nella Suite 200 dell'Hotel Castello a Castel San Pietro cercando di acciuffare un po' di concentrazione. Ma niente: la mente corre al coetaneo Roland Ratzenberger, morto in qualifica quel giorno alla curva Villeneuve, e al giovane connazionale Rubens Barrichello, decollato il venerdì sul cordolo della variante bassa e salvo per miracolo. Proprio «Ayrton Senna. L'ultima notte» è il titolo di una mostra, intensa e commovente, aperta fino al 24 luglio negli spazi dell'Autodromo Nazionale di Monza, Museo della Velocità.

L'idea nasce dal libro «Suite 200. L'ultima notte di Ayrton Senna» del giornalista Giorgio Terruzzi, un racconto avvincente che ripercorre la carriera dell'asso brasiliano. Ma siccome su «Beco» (così lo chiamavano i più intimi) di parole se ne sono già spese a fiumi, il percorso espositivo punta soprattutto sulle immagini, un centinaio di magnifici scatti di Ercole Colombo, il grande fotografo-poeta dei GP (dal 1970 ne ha seguiti oltre 600) inimitabile nel cogliere l'unicità di attimi rubati, senza fare sconti nemmeno sugli aspetti più intimi: lo sguardo al veleno fra Senna e Prost, i due eterni amici-colleghi-rivali, la Toleman che scoda nella pioggia, l'occhio del campione riflesso nello specchietto, l'espressione dubbiosa prima di una gara, la soddisfazione durante il montaggio del cockpit, l'estasi dell'ennesimo trionfo (saranno 41, alla fine, i GP conquistati). Il tutto valorizzato dallo sfondo nero, drammatico e solenne, e dalla voce di Ayrton, che si sente in sottofondo.

Ci sono anche oggetti rari, come giornali e riviste dell'epoca, alcune tute e il kart originale del 1979 con cui il pilota, che ancora era chiamato «Da Silva» (avrebbe scelto poi il cognome della madre, più riconoscibile) vinse le prime gare e rivelò il suo talento. E c'è un'ultima sala, come fuori dal tempo, che restituisce l'immagine di un campione profondo e sensibile, protagonista suo malgrado di quell'ultima notte affollata da desideri, pensieri e fantasmi: «È strano.

Proprio quando penso di essere andato il più lontano possibile, scopro che posso spingermi ancora oltre».

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