"Suonerò un grande violino per commemorare Stradivari"

La star in concerto al museo di Cremona: "Tra le mani uno strumento del 1715 realizzato dal celebre liutaio"

"Suonerò un grande violino per commemorare Stradivari"

Torna in Italia il violinista-direttore d'orchestra Shlomo Mintz, 60 anni, uno dei grandi interpreti del nostro tempo, in una rosa che comprende altri virtuosi come Leonidas Kavakos, Vadim Repim, Frank Zimmerman, Salvatore Accardo e Isabelle Faust.

Il maestro, che a soli 15 anni è stato invitato da Zubin Mehta a eseguire il «Primo Concerto per violino» di Paganini per sostituire il gigante Itzhak Perlman, questa sera dalle ore 21 sarà di scena allo «Stradivari-memorialday», presso l'Auditorium Giovanni Arvedi al Museo del Violino di Cremona. Suonerà accompagnato da I Virtuosi Italiani, tutti insieme per eseguire brani per solista e orchestra di Beethoven («Romanza n.1 in Sol per violino e orchestra op.40») Mozart («Concerto n.4 in re»), Elgar («Serenata in mi per orchestra d'archi op.20) e Rota («Concerto per archi»).

Una serata che è stata titolata «Omaggio a Strad», un evento per ricordare la scomparsa di uno dei più grandi liutai della storia avvenuta il 18 dicembre 1737, quindi 380 anni or sono.

Il musicista israeliano ha accettato di rispondere a qualche domanda prima del recital musicale commemorativo.

Al recital lei suonerà il «Cremonese» del 1715, qual è la sua unicità rispetto ai suoi «gemelli»?

«Anche se ci sono i gemelli conosco il violino in questione attraverso le fotografie. Potrò rispondere meglio dopo. Comunque suonando Vesuvio, uno strumento più piccolo anche del mio, ho trovato un suono gentile, speciale; con questo che proverò spero di avere un'intesa, un buon risultato subito».

Quali sono i criteri che si possono adottare per scegliere un buon strumento?

«Personalmente sono un violinista che tra gli altri ama il Guarneri, i Guarneri che avevo occasione di suonare erano i più grandi strumenti di questa firma, per esempio il Cannone. Lo Stradivari è grande e non manca di niente, è uno strumento che amo da morire e che ho suonato fin dall'inizio della mia lunga carriera, iniziata ben 54 anni fa».

Nel programma è previsto un concerto di Nino Rota, autore italiano del Novecento: perché questa scelta particolare?

«È una scelta anche del teatro, dell'orchestra. Un programma interessante pure per me che non ho mai affrontato questa combinazione. Un artista deve essere flessibile. È la prima volta che suono Rota in una situazione così, sono convinto che ci darà una certa curiosità».

Suonerà e dirigerà: quali i vantaggi e le difficoltà del doppio ruolo?

«Il vantaggio è che cerchi di avere il tuo suono nell'orchestra che capisce la tua opinione, la tua idea; lo svantaggio invece è che magari tu devi fare tante volte il doppio lavoro e bisogna stare attenti a non cominciare a dirigere dove devi suonare o il contrario».

Secondo lei quali sono attualmente gli stili e le scuole violinistiche degne di nota?

«Bisognerebbe definire che cosa è una scuola o uno stile e non sono la stessa cosa che erano anni prima. Il collegamento di Internet e tante masterclass di tutti i tipi vogliono dire l'irruzione di tante scuole, di tanti modi. Ci sono però violinisti, anche buoni, che non sanno abbastanza del passato per fare un collegamento professionale serio. Questa non vuole essere una critica ma solo una osservazione».

A proposito del pubblico che ha visto nelle sale, come è cambiato negli anni?

«Dipende dalla

preparazione personale. E da come ci si informa. Ci sono ancora diverse persone che non sono collegate al web, che non vendono e non sentono tanto, non si informano. In generale però il pubblico mi sembra più preparato».

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