«Oggi chiederemo agli altri paesi della Ue di applicare le nostre restrizioni. A cominciare dal bollino di qualità per i prodotti cinesi. Purtroppo i controlli alle frontiere non si fanno in tutti gli stati europei. Al porto di Rotterdam arriva di tutto e le ispezioni sono delegate sul territorio. Naturalmente questo aumenta il rischio di diffusione dei prodotti nocivi nei negozi o nei ristoranti». Silvio Borrello, direttore generale del Dipartimento di nutrizione del ministero della Sanità oggi sarà a Bruxelles per fare il punto sull’import cinese in Europa. È l’effetto dello scandalo latte contaminato, alla melamina, che ha intossicato migliaia di bambini cinesi. E che potrebbe intossicare anche ignare persone in Europa se gli stati membri non si attrezzeranno con rigorose misure precauzionali.
In Italia è già stato di allerta. Ma i controlli e i sequestri non bastano. Servono anche accorgimenti quotidiani come evitare i prodotti alimentari cinesi non vietati, integratori, caramelle, cioccolati e stare alla larga dai ristoranti cinesi, soprattutto senza tradizione e di basso costo.
Il pericolo di inghiottire cibi contaminati alla melanina c’è. Lo aveva adombrato il presidente di Slow food, Carlo Petrini, lo ha confermato il sottosegretario alla Salute, Francesca Martini. «Tecnicamente un margine di rischio c’è, perché questi locali utilizzano come prodotti di base quelli importati dalla Cina. Basti pensare alle salse o ai biscotti serviti anche nei ristoranti cinesi e che possono appunto contenere tracce di latte», ammette Martini che confessa poi di non aver mai messo piede in un locale cinese così come il ministro per le Politiche agricole, Luca Zaia. Ma Borrello vuole evitare di generalizzare. «Non dobbiamo attaccare la comunità cinese. Ci sono Asl e Nas che controllano i ristoranti. Però, dobbiamo ammettere che alcuni di loro non lavorano bene. Ai tempi dell’aviaria, per esempio, avevamo trovato carni di pollame cinese anche in alcuni ristoranti etnici. E attualmente, basta un pacco postale indirizzato ad un cittadino italiano per far entrare in un ristorante merce cinese proibita».
Ma a rischio non sono solo le cene etniche. I prodotti realmente fuori controllo sono quelli importati regolarmente dalla Cina e non soggetti a limitazioni. Come le caramelle, i cioccolati e soprattutto gli integratori alimentari. Carlo Cannella, presidente dell’Inran, l’istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione, punta il dito, più che sui ristoranti, su questa categoria merceologica. «Nei ristoranti cinesi non sai mai di cosa è fatto lo spezzatino, può essere anche carne di cane o di gatto. Però quella cucina non usa latte né formaggi. La vera insidia invece si nasconde negli integratori che usano moltissimi sportivi.
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