Il mio impegno contro le dittature Silvio Berlusconi*

Care amiche e cari amici, festeggiamo la prima Festa nazionale della libertà. Una celebrazione e una festa che noi abbiamo fortemente voluto e che il Parlamento Italiano ha votato. Sono passati 16 anni dalla caduta del muro di Berlino. Un evento che, nella storia dell'umanità, ha una importanza pari a quella della fine della seconda guerra mondiale con la sconfitta dei regimi fascisti e nazisti. Con la caduta del muro venne restituita la libertà e la dignità a centinaia di milioni di persone. Con la caduta del muro le nazioni del blocco comunista tornarono nella comunità dell'Europa del cristianesimo e dell'umanesimo.
Con la caduta del muro si aprirono le prospettive per una espansione della prosperità dell'Occidente a Paesi che vivevano in una assoluta miseria materiale e morale. La nostra maggioranza e il nostro governo hanno preso una decisione di cui siamo particolarmente orgogliosi. La data della caduta del muro di Berlino è diventata una celebrazione ufficiale della nostra nazione. Le generazioni future non dovranno dimenticare la tirannia comunista, perché il comunismo è stato davvero «L'Impero del male». Così lo ha chiamato uno dei due grandi artefici della caduta del muro, il Presidente americano Ronald Reagan. L'altro grande artefice è stato Giovanni Paolo II alla cui memoria mi inchino. Dedichiamo un lungo, convinto, affettuoso applauso a questi due straordinari protagonisti della storia. Care amiche e cari amici, nel celebrare la caduta del muro di Berlino dobbiamo ricordare che se il nostro Paese non è finito dalla parte sbagliata del muro, se ha goduto della libertà nei cinquant'anni che sono seguiti alla fine della seconda guerra mondiale, lo ha dovuto all'impegno ed alla battaglia che le nostre forze cattoliche, liberali e socialdemocratiche combatterono contro il tentativo del Partito Comunista Italiano di trasformare l'Italia in una cosiddetta «democrazia popolare», una definizione che è l'antitesi stessa della democrazia. Ma agli inizi degli anni Novanta, proprio quando ovunque nel mondo l'ideologia e la pratica comunista crollavano sotto il peso del proprio fallimento e della propria ignominia, sotto il peso delle decine di milioni di morti, sotto il peso delle immani sofferenze inferte a miliardi di persone, in Italia, da noi, gli eredi diretti del comunismo tentavano di realizzare il loro disegno di sempre: conquistare il potere non attraverso il libero consenso, il libero voto dei cittadini, ma attraverso l'eliminazione per via giudiziaria degli avversari politici. Contro questo disegno, contro questo tentativo della sinistra comunista e dei suoi alleati vi è stata la reazione delle donne e degli uomini liberi dell'Italia, la nostra reazione, la nostra discesa in campo. Non potevamo accettare che diventasse maggioranza politica in Parlamento e al Governo chi non rappresentava la maggioranza del Paese, chi credeva in valori opposti a quelli della nostra civiltà morale, politica, economica. L'errore, ma potrei dire anche l'orrore, del comunismo è stato, e continua ad essere, la sua visione profondamente distorta della persona umana. Perché il comunismo, prima ancora di diventare regime politico, è stato ed è tuttora una forma mentale, è una visione materialistica della vita e del mondo che nega all'uomo ogni dimensione spirituale. (...)
Il comunismo è insomma la negazione stessa delle basi della nostra civiltà. Occorre rifiutare fermamente l'idea, che ancora oggi circola in Italia e in Europa, che il comunismo sia stato un modello in se stesso buono, che però ha trovato una cattiva applicazione. No, il comunismo era ed è intrinsecamente sbagliato perché nega la natura umana ed è stato, con il nazismo, l'impresa più disumana e criminale della storia dell'umanità. Non può e non potrà mai esistere un comunismo buono. Il comunismo è stato insieme il pensiero e la prassi più grandiosi e più reazionari della storia: il progetto di cambiare la natura dell'uomo e di fermare la storia. Il comunismo sovietico, lo ripeto, da molti politici della sinistra è ancora considerato un bene che ha fallito, non un male. L'epiteto di «male assoluto» è attribuito al nazismo ma non al comunismo, nonostante i loro comuni, tragici effetti. Il crollo del muro di Berlino che noi qui celebriamo ha segnato la fine dei regimi comunisti nell'Europa centrale ed orientale. Purtroppo non ha significato la fine di tutti i regimi comunisti nel mondo. Centinaia di milioni di persone vivono ancora sotto questi regimi, che negano le libertà fondamentali. Non dobbiamo dimenticarlo mai. Ma il comunismo non sopravvive soltanto in Cina, nella Corea del Nord o a Cuba. No, il comunismo continua a sopravvivere anche nei Paesi occidentali, anche in quelli dove esso, respinto dalle forze della libertà, non è mai riuscito a diventare regime. Come ho detto celebrando il decennale della fondazione di Forza Italia, vi sono due modi diversi di essere comunisti. Ve ne è uno palese, che è da noi quello di Rifondazione Comunista e dei Comunisti italiani. Non vi è bisogno di dilungarsi su di esso, tanto è assurda e antistorica la posizione di chi ritiene che il comunismo sia un'ideologia che possa rappresentare il futuro dell'umanità. Ma ve ne è uno meno palese, e proprio per questo più pericoloso. È il modo di essere comunisti senza comunismo. È il metodo di rinnegare le proprie idee ed il proprio passato comunista, di ignorare colpevolmente l'evidenza delle decine di milioni di vittime del comunismo, come se fossero semplici dettagli della storia; e allo stesso tempo di mantenere i metodi di lotta politica del partito comunista, il metodo di considerare gli avversari politici dei nemici da eliminare, se non fisicamente, almeno moralmente e politicamente, con il dileggio, con il discredito, con la menzogna, con la calunnia, con l'uso politico della giustizia, è l'obiettivo di imporre l'egemonia del proprio partito sulla società civile, sulla cultura, sull'economia, sulla scuola, sulla università sull'informazione, sulla magistratura.
È l'idea dei cittadini al servizio dello Stato, dello Stato al servizio del partito, dello Stato terra di conquista per gli apparati partitici, non dello Stato che deve essere al servizio dei cittadini, al di sopra dei partiti e degli interessi di parte. Come italiani dobbiamo tristemente constatare che il nostro Paese è l'unico del mondo Occidentale nel quale la sinistra è ancora dominata da questa mentalità, ed è ancora così profondamente illiberale. Il vecchio Partito Comunista Italiano ha cambiato nome, mentre il peso dei due partiti che ancora si definiscono orgogliosamente comunisti è così importante che senza di essi la coalizione di sinistra non avrebbe mai e poi mai la possibilità di conquistare la maggioranza e il governo del Paese. Se si vuole capire quanto la mentalità comunista sia ancora forte e diffusa nella sinistra italiana basta considerare che l'Italia è l'unico Paese del mondo occidentale nel quale la sinistra detesta in modo irrefrenabile i propri avversari politici. Ma vi è di più. La sinistra in Italia non odia soltanto il leader politico del centro-destra. No, la sinistra odia tutti gli elettori del centro-destra, odia tutti i cittadini che non la pensano come loro. Per la sinistra tutti gli elettori di centro-destra sono ottusi, sono volgari, sono egoisti, sono profittatori, sono la parte peggiore dell'Italia. La sinistra tedesca o francese non odia i leader del centro-destra. Ma soprattutto non odia gli elettori del centro-destra. Anzi, vuole acquisire il loro consenso, vuole convincerli di avere le politiche e i programmi che sono migliori anche per loro. Da noi la sinistra invece non vuole il consenso degli elettori di centro-destra. Vorrebbe soltanto che gli elettori di centro-destra se ne stessero a casa e non andassero a votare. Vincere con i loro voti lo considera una cosa quasi repellente (...)
Prima dell'11 settembre del 2001 i Paesi occidentali vivevano nella certezza della propria sicurezza. Vivevano nella certezza che nulla - specialmente dopo il crollo del muro di Berlino - avrebbe potuto interferire con la propria vita civile e democratica. Gli attentati dell'11 settembre e gli altri che hanno colpito i Paesi democratici nel mondo, hanno dimostrato che le democrazie occidentali si trovano oggi di fronte ad un ulteriore compito: quello di garantire ai propri cittadini la «libertà dalla paura». Questa è oggi un'altra, nuova frontiera della libertà. Per difenderla vi è bisogno di avere una chiara consapevolezza di quali sono i valori fondamentali della nostra civiltà, una precisa consapevolezza di quali sono i veri valori della persona umana, una assoluta consapevolezza di cosa è veramente una democrazia. Perché è proprio in queste situazioni drammatiche che emerge la differenza tra le forze politiche autenticamente liberali, e quelle che sono liberali solo a parole. Come è possibile affidare il futuro del nostro Paese ad una sinistra che accoglie nel suo seno chi si ostina a non voler capire la differenza che esiste tra una grande democrazia come gli Stati Uniti d'America, e i regimi dittatoriali come quelli di Saddam Hussein o di Fidel Castro? Hanno dimostrato e dimostrano ancora una volta di non sapere cosa significa la democrazia, cosa significa la libertà, cosa significa il rispetto dei diritti individuali, cosa significa lo stato di diritto. I regimi comunisti dell'Europa sono crollati, ma «loro» da quello straordinario evento non hanno imparato nulla. Cari amici, il nostro governo ha lavorato e sta lavorando con tenacia e con successo ad una grande alleanza di tutte le democrazie del mondo, nella quale l'Europa unita abbia un ruolo sempre più importante. Bisogna affermare con forza i valori che uniscono le democrazie liberali di tutto il pianeta, al di là delle differenze storiche o geografiche.
Una alleanza di tutte le democrazie è lo strumento migliore per liberare il mondo dalla paura del terrorismo internazionale, dalla paura dell'aggressione da parte degli Stati dominati da regimi illiberali. La battaglia per la libertà dalla paura non è una battaglia a vantaggio soltanto dei cittadini dei Paesi che sono già democratici. È anche una battaglia a vantaggio di tutti i popoli, anche di quelli che oggi vivono sotto regimi dispotici e autoritari. Dobbiamo rifiutare fortemente l'idea che oggi in troppi hanno a sinistra, secondo cui ci siano popoli irrimediabilmente rassegnati a tali regimi ovvero che la democrazia liberale non potrebbe e non dovrebbe essere diffusa ovunque, ma dovrebbe restare confinata al mondo occidentale. Chi la pensa in questo modo dimostra un disprezzo intollerabile nei confronti della capacità di miliardi di persone nel mondo di saper apprezzare la libertà e la democrazia. La storia, per fortuna, ha dato un'altra risposta. (...) Sconfiggeremo anche gli altri nemici della libertà, che con il comunismo condividono l'odio per noi, per l'Occidente, per la nostra civiltà. Care amiche, cari amici, non dobbiamo farci illusioni. La lotta per la libertà e la dignità umana è una lotta che non finirà mai. Le visioni illiberali, autocratiche, totalitarie, tendono a riemergere continuamente, con nuove sembianze. Questa lotta per la libertà non può essere condotta soltanto con le armi della politica e della difesa militare. No, la lotta per la libertà è innanzitutto una lotta di valori e per i valori. È soltanto l'affermazione dei valori della democrazia, della libertà, della dignità, della solidarietà, che può evitare che il comunismo ritorni ad essere una ideologia vincente. Perché il comunismo non può prevalere là dove forte è la tempra morale di un popolo, là dove forte è il suo sentimento spirituale e religioso. Non a caso il primo obiettivo di ogni regime comunista è stato sempre quello di distruggere la morale e la religione, attraverso la repressione della libertà di culto, della libertà di insegnamento, della libertà di espressione. Oggi vediamo le conseguenze di tutto questo. Nei Paesi ex-comunisti vi sono gravi problemi sociali proprio perché mezzo secolo o più di comunismo ha fiaccato il senso morale di tanti cittadini. Questi Paesi oltre a costruire una efficiente economia di mercato, sono impegnati a ricostruire il loro tessuto morale. Ma anche da noi la battaglia per i valori è oggi la battaglia fondamentale. I nostri valori, i valori della civiltà cristiana ed umanistica, i valori dell'Occidente, vengono continuamente sfidati. Lo sono in particolare da parte degli eredi del comunismo, che continuano come sempre a rifiutare le basi morali della nostra civiltà. (...)
Vedete, diranno certamente che io cerco di alzare i toni in vista della campagna elettorale, che cerco di ricreare artificialmente un pericolo comunista che non esiste più. Ma io sostengo, io voglio dire che è grave che nella coalizione della sinistra vi siano ancora dei partiti che ostentano con orgoglio la denominazione «comunista». È il segno che il seme dell'illiberalismo e del totalitarismo è ancora presente. Ancora vi sono, nella coalizione della sinistra, partiti che ostentano con orgoglio come loro simbolo la falce ed il martello, il simbolo dello Stato sovietico. Noi siamo dei veri democratici, non ci sorprende certo il fatto che esistano questi partiti e che vi siano degli italiani che li votano. Ma non possiamo non sottolineare la contraddizione di una sinistra che si dice cambiata e invece continua ad ostentare i tragici vessilli del comunismo. Del resto, anche il principale partito della sinistra ha mantenuto come classe dirigente, come protagonisti gli stessi personaggi che costituivano la classe dirigente del Pci, il partito che ha tardato molto, troppo, a prendere le distanze da Mosca e dal comunismo ortodosso. Ora essi cercano di riciclarsi come «socialdemocratici», come socialisti europei. Ma di chi si possono fidare di più gli italiani? Di chi ha sbagliato tutto, ha condiviso l'ideologia illiberale del comunismo, di chi, per tanti anni, si è reso complice, almeno morale, delle efferatezze commesse dalle dittature comuniste ed ora, sconfitto dalla storia, cerca di reinventarsi nei panni del liberale? Gli italiani si possono, anzi si devono, fidare di più di chi ha sempre visto giusto, di chi è sempre stato liberale. Di chi si è battuto da sempre per la libertà economica e civile. Di chi non ha mai pensato che lo Stato o il partito venissero prima delle persone. Care amiche e cari amici, il nostro non è, come essi dicono, «anticomunismo viscerale». Il nostro anticomunismo è innanzitutto un dovere della memoria. Ma anche la consapevolezza che il pericolo di cadere in un sistema di potere illiberale, burocratico, intollerante, asfissiante, falsamente popolare è un pericolo sempre incombente perché le forze della conservazione, per loro natura illiberali, sono pronte ad approfittare di qualsiasi debolezza della nostra democrazia. Possiamo allora ritenerci definitivamente soddisfatti di essere stati e di essere dalla parte giusta della storia, dalla parte della libertà? No, assolutamente, perché, abbattuto un muro, ne può sorgere un altro: la libertà è sempre sotto attacco, le sue vittorie devono essere sempre consolidate, le sue strategie sempre aggiornate. Noi abbiamo lanciato, undici anni fa, una sfida contro il passato, contro l'immobilismo, contro la conservazione per liberare le immense energie del nostro Paese per troppo tempo mortificate.
Abbiamo rilanciato il valore supremo della libertà come fine e come metodo, e ad esso intendiamo restare fedeli per combattere e abbattere i nuovi muri della violenza, dell'intolleranza, delle ambizioni egemoniche. Tra mille attacchi, tra mille calunnie, tra mille insidie, continuiamo a lavorare con costanza, con coraggio, con passione forti della nostra fede, la fede della libertà. Dobbiamo continuare la nostra opera, dobbiamo impegnarci per allargare il consenso intorno ad essa, per far conoscere a tutti i valori, i convincimenti che sono alla base del nostro operare, dobbiamo far conoscere a tutti ciò che abbiamo realizzato, ciò che di negativo non abbiamo fatto e che altri invece avrebbero fatto al nostro posto, ciò che intendiamo fare per accrescere il benessere e soprattutto per garantire e aumentare la libertà di tutti e di ciascuno.

Dobbiamo anche mantenere viva la memoria di cosa è stato il comunismo, di quelli che sono stati i suoi orrori. E dobbiamo continuare a celebrare questa festa, l'anniversario della caduta del Muro di Berlino.
*Presidente del Consiglio

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