Gli storici dicono che nel 1608 venne promossa una petizione perorata dal cardinale Gio Stefano Dongo, così motivata: «Risparmiare ai fedeli de Otri dallo salire la crosa per recarsi a messa in S.Nicolò». Questa era la premessa come causale per la realizzazione del convento di San Francesco a Voltri, allinterno della Villa Duchessa. In realtà il cardinale caldeggiava la costruzione di una nuova chiesa per la sua «gens», i Dongo. Nasce qui la storia di una costruzione che da oltre 400 anni fa parte della fisionomia urbanistica della delegazione del ponente genovese. E che oggi lancia un sos. La storia recente infatti non riesce a stare al passo con i fasti del passato. Nel 1600 la famiglia Dongo era potentissima. Bartolomeo, Guglielmo, e Giuseppe Dongo, avevano creato il complesso industriale di Fabbriche, unico in Europa per estensione, con alcune filande, due iutifici e ben 17 edifici di bianco «papéro». Ma nel 1624, quando la costruzione del convento fu terminata, tutti i proprietari terrieri limitrofi con il convento di S.Nicolò insorsero per difendere i propri interessi. La cosa finì sui tavoli del Senato della Repubblica di Genova che, dopo un lungo iter giudiziario, pur mantenendo la proprietà Dongo, decise di affidare entrambe le chiese ai Cappuccini, evitando così ogni rivalità fra i diversi tipi di ordini religiosi. All'interno del complesso ancora oggi si trovano le tombe dei due cardinali Stefano e Agostino Dongo oltre a quelle del Magnifico Giò Luca Durazzo e di Aloisia Negrone. Dai Dongo il convento passa ai Durazzo, indi ai Giustiniani; nel 1850 dai Giustiniani, ai Brignole Sale.
Nel 1888 muore La Duchessa Maria Brignole Sale che lascia il convento ai frati cappuccini.
Negli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso i cappuccini lo affidano ai sacerdoti francesi dell'Ordine di S.Martino, tutti giovani volenterosi e studiosi che attirano in svariati modi dalla loro parte molte delle simpatie degli abitanti della delegazione. Si assiste ad una scalata verso il ricupero dei valori del passato che precipita, quando l'intransigente cardinale Canestri rimanda in Francia i giovani preti e chiude il convento. Abbandonato a se stesso e sconsacrato, il convento subisce furti di opere d'arte d'autori genovesi, Domenico Piola, per esempio. Alla fine degli anni Novanta i carabinieri ritrovano le tele e le consegnano ai legittimi proprietari, i cappuccini. Svoltasi sul piazzale della chiesa, la cerimonia della consegna resta un memore motivo di orgoglio per le autorità e per tutti i cittadini voltresi. Oggi i quadri sembrano al sicuro nella chiesa di S.Stefano, in Genova Centro. Passata la festa si richiude il convento e intorno al 2000, mentre i cittadini stanno assistendo impotenti alla decadenza di questo complesso architettonico, giunge la notizia che i cappuccini cedono tutta l'area a una finanziaria che vi costruirà un residence. Ne consegue scetticismo, incredulità, si attendono verifiche. Nell'autunno 2006 alcuni volontari mettono un po' di ordine al convento onde renderlo presentabile per una imminente nostalgica rivisitazione dei preti francesi. Giungono infatti i preti che, sbigottiti nel notare il degrado generale, se ne lamentano apertamente!
Che fine farà il convento si chiedono i voltresi? Risponde larchitetto Gianni Bozzo delle Belle Arti di Palazzo Reale. «Ho fatto 5 sopralluoghi - dice - la situazione è disperata ma non è impossibile l'ipotesi di un recupero. Salveremo la chiesa con l'ampia sacrestia, l'aspetto esteriore, il piazzale, il cancello con la statua bifronte, le mura perimetrali».
I cappuccini restano proprietari e concedono solo l'impianto a monte, quello del dormitorio dove sorgerà una zona residenziale.
Ne sappiamo un po' di più. Speriamo che questo per il momento, possa placare la pur tardiva ansietà dei fedeli voltresi.
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