MISSIONE IMPOSSIBILE PER LA CARRÀ

Certo è un compito tosto dedicare la serata del sabato - tradizionalmente riservata agli show spensierati - a un tema come quello dell'adozione a distanza. Vero è che persino le settimane tv non sono più «quelle di una volta», in cui il pubblico aspettava il sabato sera come un'occasione di svago al termine di una lunga settimana di lavoro. Certe attese non esistono più, l'offerta che proviene dal video si è talmente ingrossata da scombinare ogni rigidità di palinsesto, eppure fa sempre un certo effetto veder trattati il sabato sera sulla rete ammiraglia Rai argomenti delicati seppur inseriti in un contesto che lascia spazio a molti momenti di distrazione, di show. Poteva provarci solo Raffaella Carrà, con l'esperienza e il carisma di una carriera intramontabile. Quanto alla riuscita effettiva del programma che segna il suo rientro televisivo (Amore, sabato su Raiuno, ore 21) il discorso prende una piega diversa e più sfaccettata: se si guarda alla trasmissione come a un'occasione di «tv di servizio» la risposta è positiva, le adozioni fioccano, le telefonate di chi promette di occuparsi di bambini sfortunati che vivono all'altro capo del mondo sono tante, l'attenzione su questo tipo di solidarietà concreta viene posta con la forza che solo la tv possiede. Da un punto di vista strettamente televisivo iniziano invece i problemi che riguardano, soprattutto, la non facile convivenza tra il tessuto serio e gli intermezzi di varietà, tra la parte «sociale» e il desiderio di alleggerirla dandole una confezione di show. I due piani non riescono ad armonizzarsi, né forse è pensabile che possano farlo. L'impressione è che il complesso del «sabato sera troppo impegnato» abbia determinato nell'organizzazione del programma non poche preoccupazioni. Di qui la scelta di dare spazio in modo caotico ai momenti di disimpegno: tanti comici, troppi, tanti cantanti, tante battute forzate nel tentativo di dare leggerezza, notevole ricorso a personaggi scelti solo in quanto noti, ma molto spesso decisamente «fuori contesto», quasi a volersi fare perdonare l'argomento della trasmissione, con il suo carico di tristi problemi e di malinconie.

E meno male che a tentare di cucire il tutto c'è comunque una Carrà in ottima forma, perché è difficile che un programma del genere, in mano ad altri meno navigati, potesse sperare di proseguire per settimane a fronte di un copione forzatamente monocorde, sempre uguale a sé stesso, speso ogni volta nel dare conto delle promesse di adozione che giungono al telefono, accolte ciascuna con soddisfazione e incoraggiamento. Una «missione impossibile» dal punto di vista televisivo, anche se riuscita sotto il profilo sociale.

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