Il modello svizzero: tutti d’accordo sul supertunnel

Anche gli ecologisti per il «sì»: «Così abbattiamo lo smog»

Il modello svizzero: tutti d’accordo sul supertunnel

Francesco Cramer

da Milano

La «talpa», così la chiamano gli svizzeri, non si ferma mai. Sbriciola tra i 20 e i 40 metri di roccia al giorno. È la megafresatrice che, mentre ecoribelli, parte della sinistra e verdi italiani cercano di boicottare la Tav in Val di Susa, sta scavando la galleria di base del San Gottardo. Cinquantasette chilometri: il tunnel ferroviario più lungo del mondo. Su tutti i cantieri aperti, i lavori procedono a pieno ritmo. Ieri la AlpTransit, società fondata il 12 maggio 1998, figlia delle Ferrovie federali svizzere e responsabile dei lavori, esultava: «Abbiamo già scavato il 52,9% dei 153,5 chilometri di tunnel, pozzi e cunicoli». Nel 2015, quindi, Erstfeld (canton Uri) e Biasca (canton Ticino) saranno unite, eliminando il traffico merci su ruote lungo l’asse nord-sud.
Gli svizzeri sono puntigliosi e ambientalisti. Hanno fatto due calcoli e si sono accorti che il traffico stradale transalpino raddoppia ogni otto anni, mentre quello su rotaia rimane stabile. E siccome anche nella Costituzione c’è scritto che occorre realizzare una mobilità rispettosa dell’ambiente, ecco che si sono trovati tutti d’accordo: sì al trasporto delle merci sulle pulite ed ecosostenibili rotaie. A siglare l’intesa, l’elvetico e immancabile referendum. Ogni anno attraversano la Svizzera in treno 20 milioni di tonnellate di merci. A fine lavori, lo faranno ben 50 milioni di tonnellate. Più del doppio. Sull’asse del San Gottardo viaggiano ora fino a 130 treni merci al giorno. Con il nuovo tunnel la capacità aumenterà di oltre 200 mezzi al dì. I quali, tra l’altro, potranno essere ben più lunghi di quelli odierni. I convogli che trasportano carichi raggiungeranno poi i 160 km orari (il doppio degli attuali), quelli per le persone anche i 250: velocità più elevata, minor tragitto da percorrere, niente più soste per lasciar passare i treni viaggiatori. I vantaggi dell’opera saranno per tutti. Oggi, per il percorso Zurigo-San Gottardo-Milano ci vogliono 3 ore e 40 minuti. Con la nuova galleria 2 ore e 10: 130 minuti. E con lo sviluppo tecnologico, giurano gli esperti, ci vorrà ancora meno.
Italia e Germania saranno quindi più vicine. E gli svizzeri esultano anche perché, a parità di merci trasportate, saranno necessarie meno locomotive, meno personale e meno energia elettrica. Nel dettaglio, la Galleria di base avrà due condotti a semplice binario. Ci saranno due stazioni multifunzionali (a Sedrun e Faido) con cambi di corsia e circa 180 cunicoli trasversali, in modo che ciascun condotto possa supplire all’altro in caso di emergenza. I due megatubi si trovano a circa 40 metri l’uno dall’altro, gli operai lavorano 24 ore su 24, in tre turni di otto ore ciascuno. Uno stop solo in agosto per due settimane, sette giorni sotto Natale e il 4 dicembre, giorno di Santa Barbara, protettrice dei minatori. Uno sforzo titanico che ha anche un altro effetto non trascurabile: dalla montagna sbriciolata si crea un’altra montagna di materiale di scavo. Si parla di 24 milioni di tonnellate. Cinque volte la piramide di Cheope. Ma gli svizzeri sono avveduti sicché, negli scorsi anni, hanno studiato bene la cosa: università, industria, istituti di ricerca hanno scoperto che dal materiale di scavo era possibile ricavare calcestruzzo di ottima qualità. La preparazione avviene direttamente nel cantiere. Il costo dell’intera opera si aggira attorno ai 7 miliardi di franchi, circa 4 miliardi e mezzo di euro, e la base finanziaria è costituita da un fondo alimentato dai dazi sul carburante e dalla tassa forfettaria sul traffico pesante.
E gli ambientalisti? In Svizzera sono un po’ diversi. Fabio Pedrina, consigliere nazionale a Berna, socialista, presidente dell’Iniziativa delle Alpi (associazione che ha come scopo quello di proteggere i monti dal traffico), ricorda: «Da noi tutti hanno sostenuto il progetto.

In prima fila gli ecologisti e la sinistra; ma anche le frange più progressiste dei liberali e i democristiani. I verdi, all’epoca, erano divisi ma soltanto sul tema economico. C’era chi sosteneva che i costi erano eccessivi. Ma tutti siamo d’accordo: la ferrovia significa meno incidenti, meno traffico, meno smog».

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