«La moglie di Cicala libera, anzi no». Ed è giallo

Prima annunciano che è stata liberata assieme alla spagnola da 101 giorni nelle mani dei terroristi di Al Qaida. Poi la doccia fredda e il fondato sospetto, che Philomene Kaborè, presa in ostaggio dai seguaci di Osama Bin Laden con suo marito, l’italiano Sergio Cicala, voglia restare al fianco del consorte.
Sullo sfondo la trattativa segreta portata avanti da un consigliere molto «speciale» di Blaise Compaorè, presidente del Burkina Faso. Non a caso l’inviata per le emergenze del ministro degli Esteri italiano, Margherita Boniver, è arrivata ieri nella capitale del Paese africano. La moglie di Cicala è originaria del Burkina Faso. La Boniver, ha avuto «un lungo, cordiale e incoraggiante» incontro con il capo dello Stato. L’uomo chiave è il suo sottosegretario per le faccende delicate, Mustafà Ould Limau Chafi. Ieri è andato a prendersi l’ostaggio spagnolo. Alicia Gamez, la cooperante liberata, è volata con Chafi da Gao, nel Nord del Mali, dove è stata rilasciata, a Ouagadougou, capitale del piccolo Stato africano.
Nelle prime ore di martedì il sito del quotidiano spagnolo El Mundo lanciava la notizia del rilascio delle due donne ostaggio di Al Qaida nel Maghreb. Nella mani dei tagliagole del deserto sarebbero così rimasti l’italiano Cicala e due cooperanti spagnoli rapiti assieme alla Gamez.
I siti dei giornali italiani riprendevano la notizia dando per certa la liberazione di tutte e due. Il ministro degli Esteri, Franco Frattini, si rifiutava di commentare mantenendo l’usuale silenzio stampa.
Con il passare delle ore la liberazione della spagnola era confermata, ma scoppiava il giallo sulla sorte della moglie di Cicala. Quando l’aereo decollato dal Mali è atterrato nella capitale del Burkina Faso c’era soltanto la donna spagnola, che poi ha proseguito per Barcellona. Nel pomeriggio di ieri la Boniver bollava come «falsa» la notizia della liberazione dell’italiana di origini africane.
Nonostante le smentite di facciata Madrid avrebbe pagato almeno una parte dei 5 milioni di euro chiesti dai sequestratori per cominciare a rilasciare gli ostaggi spagnoli. Il 23 febbraio era stato liberato Pierre Camatte, un rapito francese, nascosto come gli altri in qualche covo dei terroristi nel Nord del Mali. In cambio le autorità locali avevano scarcerato quattro pesci piccoli dell’organizzazione del terrore.
Per gli altri ostaggi, compresa la coppia di italiani, i rapitori vogliono soldi e il rilascio di alcuni pezzi grossi di Al Qaida detenuti in Mauritania. Il governo mauritano, spalleggiato dall’Algeria nemica numero uno dei terroristi, non ne vuol sapere.
A questo punto non restava che l’ultima sponda del Burkina Faso, un Paese più stabile, che confina con il Mali. «C’è un’eccellente collaborazione con il governo del Burkina Faso, che ci auguriamo possa continuare fino a raggiungere i risultati sperati - spiega la Boniver -. Ha ottime capacità negoziali dimostrate in più occasioni nelle varie guerre che sconvolgono l’Africa. Puntiamo su questa collaborazione per risolvere un caso così difficile».
L’uomo giusto per trattare con i tagliagole è Mustafa Chafi consigliere del presidente Compaorè, con il rango di sottosegretario. I nemici lo chiamano «il cobra». La famiglia di Chafi è originaria del Niger, ma lui sarebbe nato in Mauritania, dove italiani e spagnoli sono stati rapiti. Il padre fomentò negli anni Settanta un fallito colpo di Stato in Niger. Alla fine scappò attraverso il Mali grazie ai contatti con i Tuareg. Contatti che oggi servono a suo figlio per cercare di liberare gli ostaggi. Non solo: anche Chafi junior sarebbe rimasto coinvolto in un golpe, ma in Mauritania. Il Burkina Faso è diventato la sua nuova patria. Molto vicino ai libici, il consigliere del presidente ha messo il naso in gran parte dei conflitti dell’area.
Il mancato rilascio della moglie di Cicala potrebbe avere un’origine semplicemente umana. Gli emissari delle tribù Tuareg, amiche di Chafi, avrebbero già ottenuto l’impegno di rilasciare Philomene Kaborè a metà gennaio. Prima ancora dell’ultimatum sulla testa dei Cicala, che è scaduto il 1° marzo senza colpo ferire.

Ieri, una fonte coinvolta nel caso, ha ribadito che la signora non è stata liberata «perché vuole restare vicino al marito». Forse è solo una cortina fumogena, ma dopo la liberazione dell’ostaggio francese e della spagnola tocca all’Italia ottenere qualche risultato.
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