Le molte parabole di un Nazareno che odiò il denaro

Se il cristianesimo costituisce la dominante mitica della civiltà occidentale e il capitalismo ne rappresenta il paradigma economico, qual è il nesso tra questi due elementi che governano con tanto vigore la nostra vita psicologica? La figura centrale di Gesù può fornire qualche indicazione in proposito, se se ne analizzano le considerazioni relative al denaro. Il Vangelo di Giovanni pone la prima di diverse parabole concernenti il denaro all’inizio del ministero di Gesù (Giovanni 2:14): «Trovò nel tempio quelli che vendevano buoi, pecore, colombi, e i cambiavalute seduti al banco. Fatta allora una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori dal tempio con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiavalute e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: “Portate via queste cose e non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato”».\ Il secondo episodio è più una massima che un racconto. Mi riferisco ai Vangeli di Matteo 19, Marco 10 e Luca 8:25 e da quest’ultimo ho tratto la citazione che segue: «È più facile che un cammello passi attraverso la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Non è strano che questi due primi riferimenti vedano il denaro sempre direttamente correlato agli animali?\
In queste due prime immagini, l’esclusione del denaro è anche l’estromissione dell’animale. Se il termine «archetipo» implica una qualche nozione di permanenza, onnipresenza, di inerente alla radice o fatto nei cieli, allora il nesso tra denaro e animali è un archetipo. L’animale è l’archè del denaro.\
Il denaro e la carne, così come la rinunzia a entrambi, vengono evocati insieme nel voto sacerdotale alla povertà, il quale comporta parallelamente quello alla castità. La vita animale deve essere espulsa dal tempio del corpo. \
La terza novella riguarda le imposte, che svolgono un ruolo di primo piano sin dall’inizio. Gesù nacque a Betlemme perché Giuseppe e Maria dovevano recarvisi per iscriversi al ruolo delle imposte (Luca 2).\
Nel Vangelo di Matteo 17:27 (e Matteo è il Santo patrono di esattori delle imposte, agenti del fisco e banchieri), viene chiesto a Pietro se Gesù paghi il mezzo statere o la didracma dovuti all’erario come tributi. Pietro risponde di sì, ma poi si comprende come l’imposta che Gesù corrisponde al Tempio non sia costituita da comune denaro di questo mondo, bensì da soldi frutto di un miracolo.\
La parabola più importante relativa ai tributi è quella narrata da Matteo 22, Marco 12 e Luca 20. Riportiamo di seguito quella tratta dal Vangelo di Marco 17: «Maestro... è lecito o no dare il tributo a Cesare? Lo dobbiamo dare o no?». E Gesù rispose: «Portatemi un denaro perché io lo veda» ... Allora disse loro: «Di chi è questa immagine e l’iscrizione?». Gli risposero: «Di Cesare». Il Signore disse allora: «Rendete a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio».
Secondo le scritture, è indubbiamente meglio non possedere denaro e persino vivere nell’indigenza, che averne (e ciò, nonostante Giuseppe di Arimatea e altri discepoli benestanti).\
Così sembrerebbe, quindi, ma solo apparentemente. Perché ci sono un’altra parabola e un altro Gesù che gettano una luce diversa sull’economia e le finanze. Si tratta del Gesù di Matteo 25: 14-29. Gesù racconta che un uomo, dovendo partire per un lungo viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, «a ciascuno secondo la sua capacità». Colui che aveva ricevuto cinque talenti, andò subito a impiegarli e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro per conservarlo. Quando il padrone di quei servi tornò, gli fu detto quanto accaduto. Nella parabola di Gesù, il servo che aveva ottenuto dieci talenti dai cinque iniziali e quello che con due ne aveva realizzati quattro furono elogiati dal padrone... Egli inveì invece aspramente contro il servo che aveva ricevuto un solo talento, lo aveva sotterrato e restituiva soltanto ciò che gli era stato affidato.

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I predicatori americani e i consulenti aziendali cristiani utilizzano questa parabola dei Vangeli per promuovere l’impresa economica, l’accumulo di ricchezze, tassi di interesse elevati - e persino l’usura \
Riassumendo, due gravi errori della società capitalistica contemporanea - l’ingiustizia economica e i consumi eccessivi - possono essere ascritti al Gesù del Nuovo Testamento.
(Pubblicato d’intesa con Roberto Santachiara Agenzia letteraria, traduzione di Valentina Maiolini).

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