Un mondo d’argento per la nuova Simeoni

Il mondiale di atletica si chiude con la terza medaglia azzurra. Obbiettivo centrato

Specchiamoci tutti nell’esuberante sorriso di Antonietta Di Martino, italiana purosangue, ultima medaglia azzurra dell’atletica ai mondiali di Osaka. È stato argento, ma vale un oro. Conquistato nel salto in alto, dove la concorrenza è assoluta e le fuoriclasse non mancano. Ultimo squillo per un’Italia piccola, piccola nei numeri e nella gran parte dei suoi componenti, ma per una volta assolutamente in linea con l’obbiettivo proposto e previsto: cercava tre medaglie e tre sono state. I «numeri uno», Howe, Schwazer e appunto la Di Martino, non hanno tradito. Qualcuno ha dato il massimo suo (Howe e Di Martino), Schwazer ha buttato l’occasione per un oro. Ma qualcosa ha ugualmente portato a casa. E questo è un gran conforto e, per certi versi, una novità per lo sport italiano che, quando chiede risposte ai suoi protagonisti, rischia spesso la disillusione. Due argenti e un bronzo sono sostanza per un movimento che mette sconforto in molte altre componenti.
Antonietta Di Martino ricorda tanto Sara Simeoni, pur con il rischio di sminuire l’una e l’altra continuando in questo gioco delle parti. Sara non tradiva mai nei momenti decisivi e Antonietta ha imparato la sua lezione: miscela di grinta, determinazione, voglia di vincere. Sara saltava forte anche se stava male. Antonietta ha imparato a star male prima di saltare alto.

Sara era veneta, Antonietta campana: c’è di mezzo un’Italia di distanza, ma il bello di una ragazza che parla un buon italiano e non ha sangue distillato fra varie nazioni. I mondiali chiudono senza record del mondo, con un’atletica meno spettacolare, ma forse più vera e umana. E fra gli umani ci stanno bene tre ragazzi nostri.

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