Parigi brucia

La "bestia nera" dei francesi andava e veniva dalla Siria

Abdelhamid Abaaoud è l'uomo che ha insanguinato il 2015 di Parigi. Si muoveva liberamente nonostante fosse uno dei criminali più ricercati

La "bestia nera" dei francesi andava e veniva dalla Siria

Se veramente era riuscito a rientrare in Francia, se veramente ha partecipato materialmente all'organizzazione degli attentati di venerdì notte, se veramente nel covo di Saint Denis è stato ritrovato anche il cadavere del 28enne belga Abdelhamid Abaaoud, mente e ispiratore dei massacri del Bataclan e dintorni, allora tra qualche giorno ai vertici dei servizi segreti francesi rotolerà qualche testa. Quel nome sconosciuto al grande pubblico era, infatti, la vera «bestia nera» degli inquirenti d'Oltralpe impegnati a fronteggiare la piovra islamista. Una bestia nera che non avrebbe mai dovuto ritornare in Francia. Se non morta o ammanettata. Partito nel 2013 dal desolato sobborgo di Molenbeek Saint Jean, a due chilometri e mezzo dal centro di Bruxelles, per raggiungere le prime linee dello Stato Islamico in Siria, Abaaoud finisce nel mirino delle intelligence francese e belga subito dopo il massacro del 7 gennaio nella redazione di Charlie Hebdo. Il 15 gennaio il suo nome emerge, infatti, come quello del cervello della cellula jihadista smantellata a Verviers in Belgio. Fino a quel momento è conosciuto soltanto come il protagonista di un video, in cui lo si vede sorridente e compiaciuto mentre guida un camion con attaccati dietro i cadaveri di due soldati siriani uccisi nei dintorni di Raqqa, «capitale» dello Stato Islamico in Siria. Eppure, nonostante il volto conosciuto, Abaaoud non ha problemi a far la spola tra Siria e Francia. Tanto che in un'intervista pubblicata nei mesi scorsi da Dabiq, la rivista on-line del Califfato, si vanta perfino di esser passato sotto il naso di un agente francese incapace di riconoscerlo e identificarlo. Dopo il 15 gennaio Abaaoud diventa un fantasma imprendibile, ma onnipresente. Il suo nome compare nell'inchiesta sul fallito attentato del 19 aprile scorso ad una chiesa di Villejuif, in Francia, dove lo studente algerino Sid Ahmed Ghlam si spara inavvertitamente due colpi di kalashnikov in una gamba mentre prepara una strage di fedeli all'uscita dalla messa. Ma le analisi dei tracciati telefonici rivelano anche precedenti contatti con Mehdi Nemmouche, il reduce siriano autore, nel maggio 2015, dell'attacco al museo ebraico di Bruxelles costato la vita a quattro persone. E il suo nome torna fuori l'11 agosto scorso quando il jihadista Reda Hame, arrestato e interrogato dai servizi segreti francesi dopo il rientro dalla Siria, confessa di aver ricevuto da Abaaoud 2000 euro, una serie di contatti criptati nascosti in una chiavetta Usb e l'incarico di trovare obbiettivi facili da colpire sul suolo francese. Ma la parte più inquietante dell'interrogatorio è quella in cui Hame descrive Abaaoud come il capo una cellula di attivisti incaricati di colpire la Francia e gli altri Paesi occidentali. «Tutto quello che vi posso dire - confessa - è che arriveranno. Là (a Raqqa in Siria, Ndr) c'è un vero e proprio laboratorio dove studiano soltanto come colpire la Francia e l'Europa». E solo dieci giorni dopo a tentare il colpo grosso ci pensa il marocchino Ayoub El Khazzani, fermato da un gruppo di turisti americani mentre tenta di far strage sul treno Bruxelles-Parigi. Anche lui è un emissario di Abaaoud. Anche lui ha ricevuto il compito di sparare nel mucchio. Evidentemente insoddisfatto dei risultati dei suoi uomini, Abaaoud decide probabilmente di rientrare di persona per seguire l'azione parigina destinata a rappresentare il culmine della sua carriera di terrorista.

Il vero mistero è come i servizi segreti francesi non siano riusciti a rintracciarlo e fermarlo.

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