In Cina il Partito comunista ha bloccato anche WhatsApp

Nessun problema invece per WeChat, che fornisce i dati alle autorità di Pechino

In Cina il Partito comunista ha bloccato anche WhatsApp

WhatsApp è tornato nel mirino della censura cinese. A poche settimane dal diciannovesimo Congresso del Partito comunista, in programma il prossimo 18 ottobre, le autorità cinesi hanno bloccato il sistema di messaggistica istantanea.

Dopo i malfunzionamenti registrati a luglio, da qualche giorno l'applicazione ha smesso di funzionare. Secondo fonti di cyber-security, le autorità cinesi potrebbero essere riuscite a sviluppare un software specializzato in grado di interferire con la tecnologia crittografica utilizzata da WhatsApp. Nessn problema invece per WeChat, la piattaforma di messaggistica più utilizzata a Pechino. WeChat infatti rispetta la Cyber Security Law approvata a fine maggio, con la quale ha acconsentito a trasmettere al governo tutte le informazioni sui propri utenti.

Per questo motivo, molti attivisti preferiscono comunicare tramite WhatsApp, che dall’anno scorso ha adottato la crittografia end-to-end per proteggere meglio la privacy dei propri utenti. "Credo che le autorità ricorreranno a misure di censura sempre più stringenti nei giorni precedenti il Congresso del Partito comunista. Le persone sanno che WeChat non è sicuro. Io e altri dissidenti comunichiamo tramite WhatsApp il 70% delle volte. Nei giorni in cui l’app è totalmente inaccessibile, preferiamo non parlarci per nulla", ha dichiarato l'attivista Hu Jia.

In Cina si fa sempre più forte la stretta normativa su

internet. L’ufficio governativo che si occupa di propaganda online e di censura ha fatto sapere che a partire da ottobre sarà obbligatorio verificare l’identità reale degli utenti e il controllo sui loro commenti aumenterà.

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