Condannato a sette mesi il jihadista kosovaro che minacciò il Papa

Il 42enne kossovaro dovrà scontare sette mesi di reclusione

Il 12 settembre 2006 Ratzinger tenne una lectio magistralis a Ratisbona
Il 12 settembre 2006 Ratzinger tenne una lectio magistralis a Ratisbona

Samet Imishti, piastrellista 42enne arrestato lo scorso 1 dicembre durante l’operazione “Van Damme”, è stato condannato a sette mesi di reclusione da un tribunale del Kosovo, l’accusa è di aver fatto propaganda pro-Isis attraverso il proprio profilo Facebook; si tratta del primo provvedimento del genere in Kosovo.

Samet era stato rintracciato dagli agenti kosovari a Hani i Helezit, cittadina del Kosovo orientale, ben nota per l’alto tasso di radicalizzazione. Nella sua abitazione erano state trovate alcune armi da fuoco e collegamenti diretti accertati con filiere jihadiste attive in Siria, riconducibili al noto terrorista kosovaro dell’Isis, il “macellaio” Lavdrim Muhaxheri.

A Chiari veniva invece espulso il fratello, Ismail Imishti ed è proprio nel paesino del bresciano che Samet faceva base durante i suoi soggiorni italiani. Un altro kosovaro collegato al gruppo, nipote di Samet, veniva rintracciato nel savonese ed espulso, mentre per Arben Suma, cittadino macedone nel vicentino, era disposta la misura di sorveglianza speciale, su richiesta avanzata direttamente dal procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, che consiste nel ritiro del passaporto, obbligo di firma, divieto di lasciare la propria abitazione in determinati orari e altre prescrizioni.

I post pubblicati da Imishti, con i quali incoraggiava potenziali volontari a unirsi all’Isis, finiti nel mirino degli inquirenti, vanno dal maggio al novembre 2015. Tra questi ci sono affermazioni come “Tutti i veri musulmani sono dell’Isis”, “Io sono Isis”, “Isis libererà il Kosovo”, “Inshallah inizieranno con il Kosovo”.

Un segnale inquietante per le autorità di Pristina che da tempo si trovano di fronte a un serio problema non soltanto di radicalizzazione per quanto riguarda la comunità islamica locale, ma anche a causa del rientro di ex jihadisti dalla Siria.

Dal settembre 2014 ad oggi nel paese sono state arrestate circa un centinaio di persone per propaganda o affiliazione a gruppi islamisti radicali. I volontari per la guerra santa partiti dal Kosovo alla volta di Siria e Iraq sarebbero circa 300 mentre i rientrati intorno ai 120. Cifre che non possono non allarmare le autorità locali.

Vale la pena considerare che la cellula degli Imishti veniva neutralizzata dagli inquirenti in una fase apologetico-propagandistica che poteva diventare fonte di ispirazione per eventuali profili violenti, intenzionati a passare all’azione. Sarebbe utile capire fino a che punto la cellula di Samet Imishti si sarebbe potuta spingere e quali mezzi avesse a disposizione per mettere in atto possibili attentati, visto che tra le minacce espresse sul web ce n’era una diretta anche Papa Benedetto:

“Ricordatevi che non ci sarà più un Papa dopo questo, questo è l’ultimo. Non dimenticatevi ciò che vi sto dicendo”. Un rischio anche per l’Italia dunque, considerato che la cellula in questione faceva base proprio sul nostro territorio.

In aggiunta, un rapporto dell’Italian Team for Security, Terroristic Issues and Managing Emergenices pubblicato

ieri mette in luce rapporti tra Samet Imishti e Idris Elis Elezi, l’albanese nipote di Alban Elezi, che avrebbe a sua volta radicalizzato Anass El Aboubi, jihadista unitosi all’Isis e anch’egli proveniente dal bresciano.

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