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Croazia, in 24 ore quasi 6mila arrivi. Migranti sfondano il cordone

Con la frontiera serbo-ungherese chiusa, i migranti cambiano rotta. Ma Orban è chiaro: "Barriera anche alla frontiera con Zagabria"

Rifugiati salgono su un bus a Dugo Selo, a est di Zagabria
Rifugiati salgono su un bus a Dugo Selo, a est di Zagabria

Se si parla della disponibilità ad accogliere i migranti in arrivo, a Zagabria di problemi non ne hanno. Il governo croato ha già annunciato che lo farà, ma deve confrontarsi con una realtà mutata, in cui nel giro di poco più di ventiquattro ore sono arrivati almeno 5.650 migranti, segnale di una tendenza con cui le autorità non hanno i mezzi per confrontarsi.

Il numero di arrivi è legato alla nuova rotta europea, la risposta alla chiusura della frontiera tra Serbia e Ungheria, dove ieri si sono verificati scontri tra un gruppo di migranti e le forze dell'ordine, mentre i profughi provavano a superare la barriera. Sarebbero circa 300, secondi testimonianze raccolte sul posto dalle agenzie, i feriti.

Con la via serba ormai chiusa, i profughi si sono spostati verso ovest, verso la Croazia. "Migliaia di persone sono entrate nel Paese" soltanto ieri, ha detto un portavoce della Croce rossa locale, mentre il ministro dell'Interno Ranko Ostojic spiegava che al momento hanno "il pieno controllo dei confini, ma se i migranti continueranno ad arrivare in grandi quantità dalla Serbia dovremo pensare a un altro modo di gestire la situazione".

Nel pomeriggio al confine si è alzata la tensione, con i migranti che hanno sfondato il cordone di sicurezza alla stazione di Tovarnik e il ministero dell'Interno costretto ad annunciare che il Paese "non è in grado di accogliere più persone", aggiungendo che sarà fornito un passaggio fino ai centri d'accoglienza a Zagabria, ma che i non richiedenti asilo saranno considerati degli "illegali".

Sulla rotta dei migranti che deviano in Serbia si pone inoltre un problema aggiuntivo, la presenza di campi minati rimasti dai tempi della guerra di Yugoslavia. Le autorità locali si sono già mosse, ha spiegato ieri una fonte alla Reuters, inviando squadre di sminatori nelle zone a rischio.

"I muri sono soluzioni temporanee, e in più dirottano i flussi e accrescono la tensione - ha commentato preoccupato il commissario Ue Dimitris Avramopoulos, oggi a Budapest -. Lavoreremo collettivamente per proteggere i confini".

Intanto la Bulgaria ha inviato 50 soldati al confine turco e si appresta ad aumentare il contigente, che potrebbe raggiungere i mille militari, mentre la Slovenia ha deciso di ripristinare per una decina di giorni i controlli al confine.

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